Aumentano le compravendite ma calano i mutui

Secondo i dati rilasciati dall’Istat relativi al terzo trimestre del 2011 le compravendite immobiliari in Italia sarebbero aumentate del 4% rispetto al terzo trimestre del 2010. Tuttavia, contemporaneamente, è stata rilevata un vero e proprio crollo dei mutui che, sempre nel 3° trimestre 2011, scendono del 18,1% rispetto allo stesso periodo del 2010. Un dato fortemente contrastante che trova una sola spiegazione: chi ha una forte disponibilità economica ne sta approfittando per acquistare a prezzi di saldo immobili di varia natura (commerciali e/o residenziali) sfruttando il momento di difficoltà dell’economia. Il numero complessivo delle compravendite immobiliari relative al periodo preso in esame, infatti, è di ben 175.644 unità mentre il numero dei mutui (compresi quelli per ristrutturazione, liquidità e altre esigenze) si è fermato a 140.665 stipule.

Insomma da questi dati si può ipotizzare che gli italiani in grado di vantare una disponibilità economica elevata ne stiano approfittando per investire nel mattone, da sempre considerato uno degli strumenti migliori per rivalutare i propri risparmi. Gli attuali prezzi di mercato, infatti, permettono acquisti in contanti di immobili al di sotto del valore commerciale a cui venivano scambiati circa 2 anni fa offrendo occasioni molto ghiotte a chi può permettersi di investire senza ricorrere al credito.

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Consumi degli italiani ai minimi da 30 anni

Male, anzi malissimo il dato relativo ai consumi delle famiglie italiane che torna ai livelli di circa 30 anni fa. Questo è quello che emerge dal rapporto pubblicato da Intesa Sanpaolo che ha fotografato la situazione di estrema difficoltà che gli italiani stanno attraversando. Il dato più eclatante è quello relativo ai prodotti alimentari e alle sigarette che, in media, hanno registrato un calo dell’1,5% riportando, di fatto, i consumi sui livelli degli anni 80. Secondo la relazione del settore Studi e Ricerca dell’istituto di credito, questi dati dimostrano la difficoltà dei consumatori che si vedono costretti a ridurre i consumi anche in un comparto “fondamentale” come quello alimentare facendo scendere il consumo pro capite medio al di sotto dei 2400 euro l’anno. Tuttavia non bisogna sorprendersi di questo risultato perchè già nelle scorse settimane avevamo potuto intuire che la situazione non è delle migliori.

D’altronde abbiamo più volte sottolineato che aumentando la pressione fiscale sulle buste paga, e quella sui carburanti era inevitabile che non si potesse far ripartire l’economia. Proprio per questo siamo dell’idea che siano necessarie quanto prima delle misure per favorire l’occupazione (specialmente quella giovanile che è ferma al 30%), unico vero punto di svolta per dare vita ad una ripresa economica.

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Pil Italia: nel 2011 cresce dello 0,5%

E’ stato comunicato, pochi minuti fa, il Pil italiano ralativo al 2011 con qualche sorpresa rispetto a quelle che erano le previsioni.  Il nostro paese ha registrato una crescita pari allo 0,5% meglio della stima preliminare del 15 Febbraio che si era fermata allo 0,4%. Insomma un dato buono che ha permesso a Piazza Affari di rafforzare il rialzo di stamattina e allo spread di ridiscendere verso quota 300 punti base. Tuttavia c’è poco da festeggiare perchè se da un lato il dato sul pil italiano è migliore rispetto a quello che ci si aspettava, dall’altro è altrettanto vero che nel 2010 la crescita italiana era stata dell’1,8% e per il 2012 già si prevede un risultato con il segno meno (l’istat prevede un -0,5%).

Se analizziamo il risultato degli ultimi 2 anni ci rendiamo conto che l’Italia nel 2011 è cresciuta circa l’1,3% in meno rispetto al 2010 e rischia di crescere un altro punto percentuale in meno nel 2012. Tuttavia è altrettanto vero che il 2012, salvo catastrofi stile Grecia, dovrebbe essere l’anno del picco negativo e già dal 2013 il nostro pil dovrebbe essere rivisto al rialzo.

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Borse: Milano chiude una settimana difficile

La settimana appena passata è stata davvero molto difficile per le borse europee che hanno dovuto affrontare il rischio del default della Grecia (evitato in extremis grazie alle adesioni allo swap che darà il via libera agli aiuti da 130 miliardi di euro) e una serie negativa di dati dell’economia reale del vecchio continente. D’altronde si sapeva, Grecia a parte l’economia Europea sta male ma, sopratutto, sembra star male l’economia italiana come testimonia il dato reso noto venerdì relativo alla produzione industriale che, a gennaio, è calata del 2,5% contro ogni previsione. Si tratta, infatti, del ribasso più pesante dal dicembre del 2009. Un dato che testimonia come la crisi, almeno nel nostro paese, sia assolutamente lontana dall’essere risolta e che il lavoro del governo tecnico non è che all’inizio del lungo percorso che lo attende.

Tutto ciò, ovviamente, non poteva non ripercuotersi sulle borse che hanno fatto registrare una settimana dove la volatilità l’ha fatta da padrona. Tra i vari titoli merita un capitolo apparte Enel che, come dimostra il grafico qui sotto, ha toccato i valori minimi degli ultimi 10 anni. Il colosso energetico, infatti, ha chiuso il 2011 con un risultato netto in calo del 5,5% sul 2010 (-7% di utile netto) annunciando un corposo taglio ai dividendi che dovrebbe essere dell’ordine del 40-60%.

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Con lo spread a 310 risparmi in vista

Venerdì lo spread è sceso sotto i 310 punti base, il valore migliore da settembre 2011. Secondo le prime stime la discesa dello spread potrebbe permetterci di risparmiare qualcosa come 55 miliardi di euro in meno nei prossimi 3 anni rispetto alle stime che gli analisti avevano fatto a Novembre. Che sia l’effetto della cura Monti o dell’iniezione di liquidità della BCE poco importa. Quello che è fondamentale è che si sia alleggerito il costo che il nostro paese deve sostenere per rifinanziare il mostruoso debito pubblico che si sta cercando disperatamente di far diminuire per rispettare i rigidi paremetri europei. Tuttavia lo spread intorno ai 300 punti non deve essere visto come un traguardo, ma al contrario, come il punto di partenza per il rilancio del nostro paese, visto e considerato che solo all’inizio del 2011 lo spread tra titoli italiani e quelli tedeschi faceva registrare appena 200 punti di distacco.

Come abbiamo detto l’effetto sui conti pubblici è davvero imponente e permetterà di risparmiare circa 18 miliardi di euro all’anno per i prossimi 3 anni. Basti pensare che all’apice della crisi il nostro paese ha dovuto garantire oltre il 6% di interesse sui titoli a 6 mesi (nell’asta del 25 Novembre 2011) contro l’1,2% dell’ultima asta.

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Italia: debito pubblico al 120%, pil +0,4%

Per quanto riguarda i dati relativi al rapporto deficit pil, venerdì l’Istat ha diffuso dei dati alquanto contrastanti che possono essere letti sotto diversi punti di vista. Analizzando i dati in maniera oggettiva (parliamo di un deficit al 3,9% e un debito pubblico al 120%) il quadro dell’Italia appare evidente: siamo un paese che  non cresce e con in più un debito elevato oltre ogni buon senso. Tuttavia questi dati relativi al 2011 rientrano nelle stime che erano state precedentemente effettuate. Ora c’è da capire quali risultati si avranno per l’anno in corso grazie alla cura Monti che dovrebbe aver invertito in maniera significativa la tendenza come testimonia anche lo spread che, la scorsa settimana, è sceso sotto la soglia dei 320 punti.

Il Pil è cresciuto dello 0,4% ma, secondo l’Istat, questo dato si deve interamente alla domanda estera visto che i consumi interni al paese sono stati estremamente negativi fermandosi ad un -0,4%. Se andiamo a guardare i principali paesi europei scopriamo che l’Italia cresce molto meno di Francia e germania che rispettivamente hanno avuto un pil dell’1,7% e del 3%.

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