USA: si all’acquisto diretto di treasuries dalla Cina

Come tutti ben sappiamo la Cina è il principale creditore degli Stati Uniti con circa 1170 miliardi di dollari in titoli di Stato americani. E come in qualsiasi rapporto di affari i migliori clienti hanno sempre un rapporto privilegiato tant’è che, stando alla news riportata da Reuters, gli Stati Uniti avrebbero autorizzato la Cina ad acquistare direttamente alle aste finanziarie di Washington senza dover utilizzare degli intermediari. In effetti la notizia ha dell’incredibile visto che si tratterebbe della prima relazione informatica diretta tra il tesoro americano e un governo straniero. Basti pensare che tutte le altre banche centrali, compresa la Banca del Giappone (che ha sempre fatto un enorme acquisto di titoli di stato USA) devono piazzare i propri ordini attraverso le principali banche di Wall Street che sono state designate dal governo come primary dealer. Saranno poi queste a fare un’offerta per loro conto nelle aste del Tesoro. Insomma gli Stati Uniti hanno deciso di riconoscere uno status di Vip ai cinesi concedendo agevolazioni uniche che, stando a reuters, andrebbero avanti in gran segreto già dal Giugno del 2011.

Ma perchè questo trattamento di favore? Il motivo è presto detto. Altri creditori importanti, come il Giappone che detiene circa 1100 miliardi di dollari in titoli di Stato Usa, non hanno un sistema centralizzato come quello Cinese dove gran parte degli acquisti vengono effettuati dalla sola Banca centrale. Negli altri paesi, invece, gli ordini vengono effettuati da più entità (Banche centrali, fondi pensioni, ecc.).

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Affitti: i prezzi rimangono stabili

Stando ad uno studio realizzato da Solo Affitti i prezzi degli immobili in locazione sembrerebbero essere rimasti invariati nonostante l’arrivo dell’Imu che farà lievitare i costi sostenuti dai proprietari. Insomma il temuto effetto Imu sugli affitti sembra che possa essere scongiurato, almeno per il momento. A nostro avviso era comunque impensabile che i canoni di affitto potessero essere visti al rialzo in quanto il contesto economico non lo consente. Con le famiglie schiacciate dalla morsa di una tassazione sempre più pesante e una continua perdita del potere di acquisto sarebbe difficile pensare che si possa pensare di aumentare in maniera sostenibile i canoni di affitto. Inoltre non bisogna dimenticare che il canone di affitto deve sempre essere più basso rispetto all’equivalente rata di mutuo necessaria ad acquistare l’immobile altrimenti verrebbe meno la convenienza stessa della locazione.

Detto questo vediamo un po di numeri. Secondo Solo Affitti nei primi 4 mesi dell’anno solo l’11% dei canoni di locazione ha fatto registrare aumenti a causa dell’Imu. Gli aumenti sono più significati al sud (con picchi del 25%) e in alcune zone centrali delle grandi città (ad esempio in alcune aree del centro di Milano circa il 90% degli affitti è stato aumentato per colpa dell’Imu).

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Facebook: MS rivede le stime di crescita

La rocambolesca quotazione di Facebook sui listini del Nasdaq si è rivelata, per il momento, un flop. Tra le cause di questo flop sembra ci sia anche un cambio di visione di Morgan Stanley che, nel bel mezzo dell’Ipo, ha deciso di rivedere al ribasso le stime di crescita del social network. Questa indiscrezione, che ha dell’incredibile, è stata pubblicata dal Wall Street Journal e sembra dare conferma a quanto da noi sostenuto fino a pochi giorni prima della quotazione del social network. Secondo quanto riportato dal prestigioso quotidiano il cambiamento nelle stime di Morgan Stanley è avvenuto in seguito al deposito di Facebook di un prospetto presso la US Securities and Exchange Commission (detta anche SEC, ossia l’equivalente della nostra Consob). In questo propsetto la società di Zuckerberg ha espresso cautela circa la crescita dei ricavi nei prossimi mesi a causa di un veloce spostamento degli utenti sui dispositivi mobili che, al momento, risultano essere molto meno redditizi.

Insomma cominciano ad esserci forti dubbi sulle perfomance che Facebook sarà in grado di ottenere nei prossimi mesi/anni e, sopratutto, se il suo sarà un business sostenibile oppure oggetto di una moda passeggera destinata ad esaurirsi nell’arco di qualche anno come già successo in passato per altri prodotti simili sul web. Al momento, infatti, gli analisti hanno forti dubbi su quale sia il possibile sviluppo futuro del business di Facebook che, ad oggi, è basato quasi interamente sugli introiti pubblicitari.

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G8: alternare rigore e crescita

Nonostante ci fosse tantissima attesa per i possibili risvolti politico-economici il G8 si è concluso, ancora una volta, con un nulla di fatto. In sostanza quello che viene trasmesso è un comunicato che non aggiunge niente di nuovo a quello che si è detto fino ad oggi, ossia che l’Europa ha bisogno di crescita e sviluppo per uscire dalla crisi e che la Grecia non deve uscire dall’euro. Insomma a quanto pare i grandi della terra si sono riuniti ma hanno centrato l’ennesima occasione sprecata? In sostanza si ma nella pratica forse qualcosa si comincia a smuovere anche se ormai la lentezza con cui i grandi della terra sembrano voler affrontare la crisi appare snervante. Una lentezza che appare ancora più inquietante se messa a confronto con la velocità e il dinamismo dei mercati finanziari capaci di affondare un paese in poche settimane. Eppure, come dicevamo, qualcosa sembra stia cambiando.

Più che altro si è notato una sorta di cambiamento di umore visto che viene messa da parte la tanto sbandierata rigidità fiscale a favore della crescita che viene descritta come una priorità. Inoltre c’è da aggiungere che gli Stati Uniti e il Giappone hanno assicurato il massimo sostegno al vecchio continente per far si che questa crisi possa essere definitivamente lasciata alle spalle.

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L’italia deve uscire dalla crisi

Il nostro paese, come la maggior parte degli stati membri della zona euro, stanno lottando per evitare di finire schiacciati dal peso di una crisi economica senza precedenti. Le misure di austerità adottate per volontà della germania stanno portando l’europa verso il tracollo finanziario. Insomma ormai a ribadire questo concetto si stanno adoperando tutti i principali addetti ai lavori e i massimi esperti di economia del mondo. Se si continua a tagliare la spesa pubblica, aumentare le tasse e non dare stimoli alla crescita si condanna a morti l’euro e l’economia dell’intero vecchio continente. e è una dimostrazione il grafico qui sotto che dimostra un aspetto decisamente eloquente su quanto le scelte di politica economica possano influire sulla crescita di un paese. Il Giappone che sta spendendo molto per ricostruire i danni dello tsunami sta crescendo a ritmi molto intensi mentre l’Italia, che al contrario ha drasticamente ridotto la spesa pubblica e gli investimenti, continua a decrescere a ritmi vertiginosi.

La crescita economica del Giappone, secondo la previsione media di 40 economisti interpellati da Reuters, potrebbe essere pari al 2,2 per cento nel secondo e nel terzo trimestre 2012, e dell’1,7 per cento negli ultimi tre mesi dell’anno.  Le previsioni per l’Italia le conosciamo bene e hanno tutte il segno meno.

Certo qualcuno potrà anche portare avanti il concetto che se voglio far quadrare i conti devo per forza risparmiare aumentando le entrate e diminuendo le spese ma siamo sicuri che sia davvero così? Siamo davvero sicuri che il nostro paese debba necessariamente adottare questa politica economica per evitare il default? Fino ad ora i fatti ci danno ragione visto che l’economia italiana continua a peggiorare.

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