Europa: ora il rischio arriva dai governi locali

Mentre ci prepariamo ad affrontare uno dei mesi più importanti della storia europea in cui si deciderà il futuro della moneta unica il vecchio continente deve cominciare a preoccuparsi anche di un altro problema che rischia di mettere in forse anche quel minimo di crescita su cui si punta per rilanciare l’economia: i governi locali. Parliamo delle regione, dei comuni o degli altri enti locali che, nella struttura Europea, sono quelli che si occupano di gran parte degli investimenti sul territorio. Il caso più eclatante, fino ad ora, è stato quello della Catalonia in Spagna il cui governo locale ha dichiarato di aver difficoltà per circa 20 miliardi di euro. Tuttavia sono proprio le difficoltà territoriali che rischiano di mettere a rischio la crescita dell’eurozona . Tanto per fare un esempio solo in Francia i governi locali contribuiscono al 70% per gli investimenti pubblici. Ora il problema è che anche le banche, che hanno chiuso i rubinetti per far fronte alle regole più restrittive imposte dall’Europa, concedono molti meno finanziamenti agli enti locali di quanto non facciano in passato.

In sostanza le banche concedono meno finanziamenti ai governi locali per poter soddisfare i requisiti di solvibilità che si sono fatti più stringenti da quando è esplosa la bolla dei debiti sovrani. Insomma il tutto rischia di trasformarsi in un cane che si morde la coda perchè l’Europa, in questo momento, proprio non si può permettere di rivedere nuovamente al ribasso le stime di crescita.

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Banche Usa pronte a tagliare posti di lavoro

Se in Europa ci si preoccupa di non far fallire le banche negli Stati Uniti il problema è riuscire a mantenere i liville di crescita degli ultimi 2 anni. E’ di queste ore la notizia che i banchieri di Wall Street si stanno preparando ad una serie di licenziamenti per sopperire ai minori utili dovuti al rallentamento dell’economia a livello globale sull’onda della crisi nel vecchio continente. L’opinione diffusa di molti analisti di Wall Street è che gli isituti di credito americani non siano in grado di mantenere la propria forza lavoro viste anche le propsettive, non certo rosee, per i prossimi mesi. Alan Johnson, direttore esecutivo della società di consulenza Johnson Associates ha dichiarato che “Se le cose non migliorano, allora mi aspetto che l’organico delle banche sia destinato a scendere di sicuro“, stimando tagli nell’ordine del 5 per cento della loro forza lavoro per fine anno.

Questo eventuale 5% si tradurrebbe in circa 40 mila licenziamenti che andrebbero ad influire negativamente sui dati Usa relativi all’occupazione che già nel mese precedente hanno fatto registrare una clamorosa battuta d’arresto. Ovviamente annunci ufficiali, in questo senso, non sono ancora stati fatti ma i primi segnali cominciano timidamente ad arrivare.

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G7: la Spagna al centro della conference call

La conference call tra i ministri delle Finanze del G7 si è conclusa senza che siano trapelate novità di spicco. A tenere banco è stato il caso della Spagna per la quale si sta studiando un piano di aiuti per sostenere il settore creditizio che rischia di compromettere l’economia del paese. Con alle porte le elezioni in Grecia, che potrebbero rivelare non poche sorprese, l’attenzione si focalizza ora sulla Spagna che, date le dimensioni, spaventa maggiormente i mercati. Secondo alcune stime ufficiali trapelate in queste ore servirebbero circa 40 miliardi di euro per sostenere le banche del paese, stime che dal nostro punto di vista appaiono decisamente troppo ottimistiche. Non a caso in questi giorni il rendimento dei titoli di stato a 10 anni della Spagna è salito sopra la soglia del 6% a pochi passi da quel 7% che gli analisti considerano la “soglia del non ritorno” superata la quale sarebbe quasi impossibile evitare il default.

Da segnalare le forti pressioni che, ancora una volta, la comunità internazionale sta esercitando sulla Germania affinchè ammorbidisca la sua linea. Il premier Monti aveva più volte ribadito in questi giorni che la “La Germania dovrebbe riflettere in fretta, ma profondamente e agire“. Tuttavia i tedeschi non hanno nessun interesse a modificare la propria linea visti i risultati della propria economia che proprio in questi anni di crisi si è andata rafforzando.

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USA: il mercato del lavoro rallenta pesantemente

Anche gli Stati Uniti danno qualche segno di cedimento della propria economia. Ieri i dati sul lavoro negli USA hanno dato il colpo di grazie ai mercati finanziari che avevano cercato, per tutto il giorno, di “tenere botta” nonostante le notizie in arrivo dal fronte Europeo, tutt’altro che rassicuranti. Ormai si parla apertamente di un possibile piano di aiuti da 300 miliardi di euro per sostenere l’economia spagnola anche se la Germania si è detta assolutamente contraria a qualsiasi forma di aiuto finanziario alle banche iberiche. Così, nel pomeriggio, ecco arrivare come un macigno i dati sull’occupazione negli States che segnano una brutta battuta d’arresto. In sostanza si creano meno posti di lavoro e torna ad aumentare la disoccupazione (seppur di poco). Tuttavia quello che preoccupa di più gli addetti ai lavori è che si possa essere avviato un trend negativo dovuto alla crisi europea che spinga nuovamente al rialzo la disoccupazione USA nei prossimi mesi, proprio ora che anche dalla Cina arrivano segni di cedimento.

Insomma se una crisi dei paesi europei è in grado di creare tutti questi problemi figuriamoci cosa potrebbe succedere nel caso di un fallimento dell’euro con conseguente ritorno alle valute nazionali. Tornando ai dati USA quello più significativo è, a mio avviso, quello relativo ai nuovi posti di lavoro creati nel mese di Maggio.

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Pensioni: il 50% è sotto i 1000 euro

Pensionati che non arrivano alla fine del mese. E’ questa l’atroce verità che emerge dalla Relazione annuale dell’Inps presentata a Montecitorio dal Presidente Mastrapasqua. Pensionati costretti a vivere, spesso, con un reddito che tutto può essere considerato tranne che dignitoso specialmente per quanto riguarda le donne, ancora una volta penalizzate nel computo con gli uomini. Ma quello che lascia perplessi è il fatto che, nonostante questa condizione di enorme difficoltà dei pensionati, la spesa dell’Inps, nel suo complesso, è in aumento del 2,4%. Il motivo è presto detto: calano gli occupati e, quindi, la bilancia pende decisamente a sfavore dell’ente. In sostanza all’aumentare dei pensionati non aumenta il numero di occupati per colpa della crisi economica. Se a questo aggiungiamo che sono in aumento le richieste di sussidi di disoccupazione e l’utilizzo della Cassa integrazione, 2 strumenti che gravano sui bilanci dell’ente pensionistico, è chiaro che i conti dell’Inps sono sotto pressione.

E, infatti, sembra non si riescano a trovare i soldi per l’enorme massa di esodati che rischia di rimanere senza reddito nei prossimi anni per via della riforma che allunga la soglia per poter andare in pensione. Il Ministro Fornero insiste nel trovare una soluzione parziale per circa 65 mila persone soluzione che non trova apprezzamento ne tra i sindacati ne tra i vertici dell’Inps.

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