Uragano Sandy: danni per 10 miliardi di dollari

L’uragano Sandy, la tempesta perfetta che si sta abbattendo in queste ore sulla costa americana e, in particolare, su New York, potrebbe diventare uno dei più costosi della storia degli Stati Uniti. Secondo le prime stime realizzate dalla società Eqecat, infatti, Sandy potrebbe costare al settore assicurativo una cifra variabile tra i 5 e i 10 miliardi di dollari. Insomma nulla in confronto al famoso uragano Irene che, lo scorso anno, procurò danni per “solo” 4,3 miliardi di dollari. La conferma arriva da Michael Kistler, di Risk Management Solutions Inc., che ha affermato che Sandy ha raggiunto dimensioni maggiori e, sopratutto, si muove molto più lentamente di Irene. Secondo Kistler è realistico pensare che Sandy possa provocare danni di gran lunga maggiori specialmente a New York City.

Proprio New York si conferma la città più colpita dalla tempesta tanto da aver costretto le autorità a tener chiusi anche Wall Street, cosa che non succedeva dal disastro dell’11 Settembre. Insomma si prevede un brutto momento per il settore assicurativo che dovrà far fronte ai danni subiti dai propri clienti.

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Grecia: un paese distrutto dalla crisi?

Il punto di domanda nel titolo è d’obbligo. Sul fatto che la Grecia sia un paese allo sbando con un tasso di povertà in continua e veloce crescita non ci sono dubbi, quello che più lascia perplessi è il motivo che ha ridotto il paese in queste condizioni. La crisi economica ha avuto un forte impatto sui conti della Grecia che, come si è scoperto, erano stati truccati per permetterle di entrare nell’euro. Tuttavia le misure di austerity legate agli aiuti offerti dalla comunità internazionale per salvare il paese hanno avuto un impatto devastante raggiungendo il solo scopo di tenere a galla un cadavere.

Secondo i dati elaborati da ilsole24ore.com la Grecia è avviata ad affrontare il quinto anno consecutivo di recessione. Dopo una contrazione del Pil del 6,9% nel 2011, per l’anno in corso ci si aspetta un bel -7%. Male anche le previsioni per il 2013 dove il Pil dovrebbe subire una contrazione del 2%. “Se cade il Pil (che si è eroso del 25% dal 2009) il rapporto debito/ricchezza lorda non può che alzarsi anziché diminuire come negli auspici dei piani di salvataggio della Troika”.

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Anche la Cina rallenta, allarme FMI

Al termine della settimana dei vertici finanziari mondiali è possibile tirare una sorta di bilancio constatando, ancora una volta, che la situazione è quanto mai precaria. L’Europa si trova a dover affrontare ancora il problema infinito della Grecia e quello (di più recente istituzione) della Spagna. Al di fuori del vecchio continente preoccupano le tensioni tra Cina e Giappone, così come creano incertezza le elezioni in Usa dove la conferma di Obama sembra quanto mai a rischio. Insomma il momento è estremamente difficile per l’economia mondiale, tanto che le stime degli esperti danno per certo che la recessione continuerà a persistere (in molti paesi tra cui l’Italia) anche nel 2013.

Come abbiamo detto i Capi di stato europei, che si riuniscono a Bruxelles Giovedi e Venerdì, devono decidere come affrontare il caso Grecia ed evitare una sua uscita dall’eurozona. La grecia, come tutti ben sappiamo, ha chiesto di poter rivedere i termini dell’accordo a cui è legata l’erogazione degli aiuti finanziari. In sostanza Atene chiede più tempo per applicare le riforme così da rendere meno bruschi i tagli e le misure di austerity imposte dalla Troika.

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FMI: Crescita a rischio anche nel 2013

Secondo l’FMI la contrazione economica dell’eurozona nel 2012 sarà più profonda di quanto non ci si aspettasse e, di conseguenza, il prossimo anno la ripresa sarà molto più debole di quanto preventivato. Nella relazione semestrale “World Economic Outlook”, il Fondo ha fatto sapere che le previsioni per il prodotto interno lordo della zona euro (17 membri) prevedono un -0,4% quest’anno, e un misero +0,2% per il 2013. Insomma il momento in cui si dovrebbe invertire la rotta portando l’economia del vecchio continente a crescere continua ad allontanarsi di anno in anno. Perchè se è vero che nel 2013 si prevede un pil in leggera crescita è altrettanto vero che il Fondo Monetario ha ribadito che questa debole ripresa è legata all’integrazione fiscale e bancaria dell’eurozona. Questo vuol dire che, a livello politico, bisogna lavorare molto per far si che si trovino gli accordi necessari e, visti i precedenti, non si tratta di una cosa particolarmente semplice.

In quaesto quadro estremamente precario l’Italia viene vista malissimo. Secondo l’FMI il nostro paese attraverserà, quest’anno, una recessione del 2,3% e nel 2013 un meno 0,7%. Come se non bastasse il tasso di disoccupazione salirà dal 10,6% del 2012 all’11,1% del 2013.

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Arriva il decreto che taglia i costi della politica

Sull’onda dei recenti scandali finanziari con i partiti scoperti a rubare soldi pubblici a più non posso il governo si è deciso, finalmente, ad approvare in Consiglio dei ministri, il decreto legge sul taglio dei costi della politica per gli enti locali. Tra le misure più importanti contenute all’interno del documento segnialiamo lo stop ai vitalizi facili, il taglio ai compensi e la riduzione delle poltrone. Ora, ovviamente, è necessario che tutto ciò venga approvato dal parlamento nel più breve tempo possibile con la speranza che l’attenzione mediatica resti alta evitando che la questione finisca nel dimenticatoio. Quello che è stato scoperto nelle ultime settimane, infatti, è di una gravità assoluta per 2 motivi: il primo è il danno economico incalcolabile al paese (si stima che la corruzione e le ruberie costino qualcosa come 70-80 miliardi l’anno) in un momento come quello attuale in cui si chiedono immensi sacrifici ai cittadini per risanare i conti pubblici, il secondo è l’assoluta arroganza con cui avvengono queste ruberie.

Il tutto ci rende un paese assolutamente non sviluppato e tanto meno democratico. Un paese in cui un consigliere regionale può arrivare a guadagnare più del Presidente degli Stati Uniti mentre nelle scuole manca la carta igienica per i bambini perchè i soldi non ci sono.

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Crescita a rischio per le troppe tasse

Le troppe tasse mettono a rischio la crescita. A sostenerlo è il vice direttore generale della Banca d’Italia, Salvatore Rossi, che in un’audizione alla camera ha ribadito la sua preoccupazione in merito all’argomento. Secondo Rossi l’obiettivo del governo deve essere quello di riuscire ad abbassare la pressione fiscale sui contribuenti in regola, sulle imprese e sul lavoro, ossia sulle buste paga. D’altronde non ci vuole una scienza a capire che con questa pressione fiscale il paese non va da nessuna parte. Lo dimostrano perfino i dati fino ad ora diffusi secondo cui, nonostante l’aumento delle tasse, i soldi che entreranno nelle casse dello stato nel corso di questo 2012 saranno inferiori a quelli del 2011.

Il perchè è presto detto: aumentando la pressione fiscale in un contesto come quello attuale si è dato un notevole impulso ad una veloce riduzione dei consumi. E se si compra meno lo stato incassa meno (vedi iva, tanto per fare un esempio), le aziende chiudono (quindi non pagano più le tasse) e i lavoratori vengono licenziati (quindi non pagano più le tasse).

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