Alitalia: storia infinita di un fallimento annunciato

Come volevasi dimostrare, a distanza di anni, ci troviamo ancora una volta a dover affrontare il discorso alitalia. Ieri, a distanza di 4 anni dal fallimento della società, è scaduto l’obbligo che impediva agli azionisti della cordata di imprenditori italiani (che salvarono la compagnia dal “rischio di essere comprata da società straniere”) di vendere le proprie azioni. In sostanza, da oggi gli azionisti possono sbarazzarsi delle proprie quote della nuova Cai rendendo inutile, o quasi, il salvataggio della società sbandierato dall’allora governo di centro destra. Ma chi è davvero interessato ad acquistare l’Alitalia?

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In pole position ci sarebbe l’Air France che già ora detiene il 25% di Cai, una quota tutt’altro che irrilevante. Tuttavia si affacciano, in via assolutamente ufficiosa, anche altri nomi all’orizzonte.

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Imprese e crisi: quanti sacrifici!

Troppo spesso ci dimentichiamo che l’economia italiana è costituita in prevalenza da piccole e medie imprese. Si tratta di aziende, spesso a conduzione familiare, che nel loro piccolo hanno reso grande il made in Italy nel mondo. Sono proprio queste piccole e medie realtà le vere fondamenta della nostra economia e non dalle grandi aziendi che, a dir la verità, hanno sempre occupato un ruolo marginale a livello di impatto sull’occupazione e sull’economia in genere. Ma, contraddizione tutta italiana, le grandi aziende sono quelle che nel corso degli anni sono riuscite ad ottenere privilegi e condizioni di favore dalle strutture pubbliche e dagli istituti di credito.

Proprio per questo oggi sono proprio le piccole e medie imprese quelle che stanno soffrendo di più gli effetti della crisi economica se non altro perchè sono state abbandonate a se stesse. Qualcuno ha mai sentito che le istituzioni pubbliche si sono mosse per salvare una piccola azienda di 20 operai? Difficile! Eppure l’economia italiana è fatta da centinaia di migliaia di realtà di queste dimensioni senza le quali saremmo un paese decisamente più povero.

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Continua la disputa tra Repsol e Argentina

Come tutti ben sappiamo qualche giorno fa l’Argentina ha annunciato la nazionalizzazione di YPF, società petrolifera controllata al 51% dalla spagnola Repsol. L’Argentina ha dichiarato che la decisione è stata presa perchè la società sarebbe venuta meno ai suoi obblighi di investimento costringendo il paese ha importare risorse energetiche dall’estero pur avendone in quantità. Secondo il presidente Cristina Kirchner la scelta sarebbe stata presa per tutelare l’interesse pubblico dell’Argentina a sfavore degli interessi privati dell’azienda. Ma dopo le tensioni iniziali, con madrid che ha richiamato il proprio ambasciatore dall’Argentina, la disputa si sta spostando sul piano economico. Secondo la Repsol il governo del paese sudamericano dovrebbe sborsare circa 10 miliardi di dollari per aver nazionalizzato YPF mentre gli analisti di Buenos Aires parlano di una cifra prossima ai 4 miliardi di dollari, ossia meno della metà.

Ma al di la della disputa economica sta salendo la tensione nei confronti della Spagna, già al centro della crisi europea per via della propria economia che rischia di far tracollare l’intera eurozona. Se da un lato l’intera comunità economica occidentale si dice preoccupata per il comportamento dell’Argentina nel gestire gli accordi commerciali, dall’altro tutti sembrano voler far intendere che si tratta di una disputa bilaterale tra Repsol e il paese sudamericano.

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Incentivi ai dipendenti per aumentare la produttività

Un recente studio condotto su circa 290 aziende americane dimostra che gli incentivi ai dipendenti rappresentano un aspetto determinante per aumentare la produttività. E, un po a sorpresa, risulta che le aziende che riescono a integrare gli incentivi in denaro con i benefit di altra natura sono proprio quelle che ottengono i risultati migliori. Insomma non bastano i soldi per far contenti i propri dipendenti ma, al contrario, sono molto graditi anche i benefit come buoni benzina o buoni vacanza, asilo gratis per i propri figli, palestra o mensa… insomma tutto quello che può rendere più gradevole la propria vita in azienda (ma non solo). Una realtà difficile da immaginare nel nostro attuale contesto lavorativo visto che, spesso, i lavoratori italiani sono costretti a fare di tutto pur di avere un semplice contratto a tempo indeterminato, figurarsi il pretendere dei benifit.

Eppure i dati parlano chiaro: le aziende che investono sul benessere dei propri lavoratori, ovviamente in virtù dei risultati raggiunti, ottengono risultati migliori delle altre. Lo studio, infatti, ha permesso di scoprire che le 20 aziende che hanno registrato la migliore performance nell’ultimo anno sono quelle che hanno integrato nei propri programmi incentivi non monetari ideati, spesso, da agenzie specializzate.

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Incentivi alle pmi in Sardegna

In questo contesto di crisi economica il sostegno degli enti locali all’imprenditoria rappresenta un fattore determinante per riuscire a superare il momento di difficoltà. Proprio per questo ci sembra opportuno segnalare l’iniziativa della Regione Sardegna che ha indetto un bando per l’assegnazione di contributi e incentivi volti a potenziare l’innovazione tecnologica delle piccole e medie imprese locali. La regione ha messo a disposizione un fondo di oltre 10 milioni di euro che verranno suddivisi al raggiungimento di 2 obiettivi: l’innovazione tecnologica e in particolare lo sviluppo di nuovi processi produttivi (progetto che può vantare un fondo di oltre 8 milioni di euro) e il rafforzamento e la riqualificazione del sistema dei servizi materiali e immateriali (che prevede un fondo massimo di 2 milioni di euro).

Le domande per rientrare negli incentivi (cofinanziati dal Programma operativo del fondo europeo dello sviluppo regionale), che dovranno essere presentate entro il 30 settembre 2013, verranno esaminate da un’apposita commissione che ne valuterà il progetto e valuterà l’incidenza degli incentivi e dei contributi che, comunque, non potranno eccedere il 50% del totale dell’investimento.

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