- Rivalutazioni Tfr: la tassazione aumenta al 17%
- Tfr in busta paga: come funziona
- Tfr a fine mese: un esempio pratico
Nel corso di questi ultimi mesi si è fatto un gran parlare circa il fatto che il Tfr, a partire proprio da quest’anno, venisse riformato da cima a fondo sia in termini di prelievo che in quanto ad utilizzo e tassazione fiscale. L’articolo numero 1 comma 623 della Legge di Stabilità (Legge n.190/2014) ha infatti introdotto non poche novità relativamente al Trattamento di Fine Rapporto, tanto è vero che la cosa non ha certo mancato di scatenare tutta una serie di polemiche, apprezzamenti e considerazioni varie.
Rivalutazioni Tfr: la tassazione aumenta al 17%
Prima di tutto viene stabilito che l’imposta sostitutiva fino ad ora prevista sulla rivalutazione del Tfr venga aumentata (e non di poco): la Legge di Stabilità impone un aumento dall’11 al 17% dell’imposta gravante sulla rivalutazione del Tfr maturato dal gennaio 2001 in poi. Ma questo capitolo riguarda solo coloro i quali decidono di percepire il Tfr proprio come avvenuto fino a questo momento, perchè quanti optano per altre forme di riscossione, come ad esempio la possibilità di ricevere la liquidazione nella busta paga mensile, si vedranno sottoposti a delle condizioni di trattamento ben diverse.
Tfr in busta paga: come funziona
Ma gli aumenti non sono mica finiti qui. Condizioni altrettanto sfavorevoli attendono all’angolo tutti quei lavoratori che dovessero decidere di sfruttare la chiacchieratissima opzione del “Tfr in busta paga”. Con questa nuova opzione il Governo intende concedere al lavoratore la facoltà di riscuotere la propria liquidazione direttamente nella busta paga mensile, e che questa possibilità venga inizialmente concessa a partire da marzo 2015 fino a giugno 2018 (si tratta infatti di una condizione per il momento sperimentale). In termini meramente pratici parliamo di un’occasione di difficoltà per le piccole-medio imprese che fino ad ora reinvestivano il tfr dei loro dipendenti per rilanciare la produttività aziendale, ma dall’altro lato abbiamo a che fare con una norma che va incontro a tutti quei lavoratori in particolari difficoltà economiche che vedono nel tfr in busta paga una succulenta possibilità di percepire più soldi alla fine di ogni mese.
Ma al di là di quel che se ne possa pensare su questa eventualità, resta il fatto che la formula del Tfr in busta paga sia foriera di maggiore tassazione: quando la liquidazione viene percepita alla fine del rapporto lavorativo, questa viene assoggettata ad una imposta dell’11% (ora diventata 17% come abbiamo visto nel paragrafo precedente). Al netto degli aumenti, quindi, percepire il tfr alla fine del rapporto di lavoro risponde comunque alla garanzia di una tassazione più favorevole.
Di contro, riscuotere la liquidazione alla fine di ogni mese sta a significare che questa vada a finire dritta dritta in busta paga e di conseguenza nel reddito annuo del lavoratore: in quest’ottica il tfr si trasforma in una integrazione della retribuzione, facendo aumentare il reddito del soggetto interessato e, di conseguenza, anche le percentuali di tassazione ordinaria. All’interno di questa nuova formula c’è quindi il vantaggio di poter maneggiare più denaro a fine mese ma, al tempo stesso, lo svantaggio di vedersi assoggettati ad un’aliquota marginale Irpef più elevata.
Ricevere il trf in busta paga vuol perciò dire andare incontro a una tassazione Irpef più salata. Ma non è finita qui. Già, perchè dal momento in cui il lavoratore decide di percepire il tfr a fine mese è chiaro che – come già detto – anche il suo reddito annuo risulterà inevitabilmente più elevato. Questo comporterà un alto rischio di vedersi ridurre le detrazioni da lavoro dipendente così come quelle previste per carichi di famiglia: si prende quindi da una parte (peraltro del denaro che spetterebbe comunque al termine del rapporto lavorativo) e si finisce col perdere dall’altra (maggiore tassazione e minori detrazioni).
Tfr a fine mese: un esempio pratico
Per entrare nel vivo della questione analizziamo un esempio pratico di come avverrebbe un caso di Tfr dato in busta paga. Secondo i calcoli messi a punto dalla Fondazione Studi Consulenti del Lavoro, risulta che in media un lavoratore percepirebbe sui 40 euro mensili in più rispetto alla sua normale busta paga (ipotesi di un tfr erogato al 50%), 62 euro al mese (con tfr erogato al 75%) e 82 euro in più (nel caso di un tfr anticipato per il 100% del suo ammontare). Ricordiamo però di non essere dinanzi a un caso di bonus, quanto invece di un normalissimo autofinanziamento su somme che, in altro modo, verrebbero semplicemente percepite più in là col tempo.
Per guardare la questione da un punto di vista più ampio, ricordiamo che la proposta va a coinvolgere un bacino di 6 milioni e 500 mila utenti che ad oggi risultano essere impiegati in aziende private con meno di 50 dipendenti; inoltre parliamo di una questione davvero sostanziosa in termini di costo, poichè ogni anno il tfr maturato dagli italiani ammonta a ben 21 miliardi e 451 milioni di euro.