Cambia ancora (e non è escluso che possa farlo ulteriormente) il progetto di riforma del mercato del lavoro e, in particolare, dei licenziamenti. Ma cosa cambia sul diritto alla reintegra (cioè, al recupero del posto del lavoro)?
In linea di massima, il diritto al reintegro all’interno del posto del lavoro rimarrà solamente per i licenziamenti discriminatori, e per alcuni licenziamenti disciplinari. Nulla cambia invece sul fronte dei licenziamenti economici individuali, per i quali rimangono i contenuti della versione del Jobs Act già approvata dal senato, con una previsione testuale ritoccata nel seguente modo: “escludendo per i licenziamenti economici la possibilità della reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro e prevedendo un indennizzo economico certo e crescente con l’anzianità di servizio”.
Per quanto attiene il licenziamento disciplinare, l’emendamento non precisa granchè, limitandosi a parlare di “specifiche fattispecie”. La materia sarà poi chiarita, ricordava Roberto Giovannini su La Stampa, “nei decreti delegati che toccherà al governo scrivere, che ovviamente diranno anche «quanto» varrà l’indennizzo economico che sostituisce la tutela dell’articolo 18. A quanto si sa, un caso tipico sarà quando un lavoratore viene licenziato perché accusato di aver rubato qualcosa, e poi si scopre che l’accusa era ingiusta. In questo caso potrà recuperare il posto (se vuole)”.
Infine, viene chiarito che le novità riguarderanno solamente i neo assunti con il nuovo contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti. Per i lavoratori che risultano essere già impiegati in aziende che hanno più di 15 dipendenti, invece, dovrebbe continuare ad operare la tutela reale dai licenziamenti senza giusta causa, prevista dal vecchio articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori, che però è stata modificata dalla riforma del mercato del lavoro Fornero nel 2012.
In ogni caso, non stupitevi del condizionale utilizzato,, visto e considerato che il Jobs Act potrebbe ancora variare. Sembra invece certo che, tornando alla reintegra, questa sia limitata ai “licenziamenti nulli e discriminatori e specifiche fattispecie di licenziamento disciplinare ingiustificato”: il riferimento all’impugnazione del licenziamento, come individuato nel testo di riforma, è dunque limitato ad alcune fattispecie di riferimento (come, ad esempio, la comunicazione a voce del provvedimento).