Non si fa altro che parlare di crisi e di quanto le aziende siano in sofferenza arrivando, spesso, a dover affrontare la scelta più drastica, ossia la chiusura. Uno dei problemi maggiori è l’alto costo dei lavoratori che, in un momento in cui si vende poco o niente, diventa una spesa difficile se non insostenibile. Tuttavia (e qui sta la beffa) a questo alto costo dei lavoratori con busta paga non corrisponde un alto reddito di questi ultimi. In sostanza oltre un terzo della retribuzione finisce in oneri e tasse e, quindi, pur venendo pagati dall’azienda non vanno a finire nelle mani del lavoratore.
Secondo i dati diffusi dall’Eurostat, infatti, il costo medio di un’ora di lavoro in Italia è di 28 euro circa ma la retribuzione oraria reale, diciamo il netto che il lavoratore percepisce, è di sole 19 euro. Un dato che ci conferma, ancora una volta, come uno dei peggiori paesi europei.
Tanto per dirne una secondo i dati Ocse riferiti al 2011 il cuneo in Italia ha toccato il 53,5%, valore che ci pone in cima alla classifica dei più tassati secondi solo al Belgio con il 55,5%.
Insomma da questi dati appare evidente di quanto il nostro paese sia assolutamente poco competitivo per chi voglia fare impresa (a meno di non ricorrere ad escamotage più o meno legali). E’ impensabile, specialmente in un contesto come quello attuale, che si possa dare nuovi stimoli al mercato del lavoro.
E nemmeno che i lavoratori stessi possano incentivare gli acquisti visto che si vedono ridurre sempre più il reddito disponibile. Ancora una volta nulla di cui essere felici. L’Italia si conferma un paese dove è difficile, se non possibile, investire e sempre più aziende finiranno con il delocalizzare all’estero con ulteriori ripercussioni sull’occupazione e sull’economia.
Una piccola curiosità: in Danimarca al lavoratore arrivano in busta paga 33,3 euro nette mentre i contributi pagati dal datore ammontano a poco meno di 5. Sicuramente siamo di fronte ad un paese estremamente virtuoso e non comparabile al nostro ma questo piccolo dato dimostra che se si vuole si può.