Brutte notizie dal fronte dell’industria italiana: ad Aprile la produzione industriale è in calo del 9,2% su base annua e dell’1,9% su base mensile, registrando una permormance nettamente più negativa rispetto alle previsioni. Solo nei primi 4 mesi del 2012 la produzione è scesa del 6,6% e il trend continua ad essere estremamente negative. Commentare questi dati diventa davvero imbarazzante: l’economia italiana è vicinissima al baratro. Non si tratta di essere catastrofisti ma, semplicemente, di vedere le cose come stanno. Le aziende italiane, spesso non per propria colpa, stanno venendo schiacciate dalla crisi al punto che, solo nel primo trimestre di quest’anno, ben 3000 aziende hanno dichiarato fallimento, ossia quasi il 40% in più rispetto al 2009. Per ogni azienda che fallisce ci sono decine di lavoratori che perdono il proprio impiego e, di conseguenza, la possibilità di percepire reddito. Insomma si è avviato un processo a spirale pericolosissimo che sta portando ad un veloce aumento della disoccupazione e ad un vero e proprio crollo della nostra economia.
I settori che si stanno dimostrando maggiormente in difficoltà sono quelli dei beni intermedi (-12,8%) e beni di consumo (-7,9%), ma non se la passano bene nemmeno le aziende specializzate nella produzione di beni strumentali (-6,2%) ed energia (-3,8%). Per far fronte a questa vera e propria emergenza sarebbero necessarie delle misure immediate volte a favorire, per quanto possibile, un minimo di crescita.
Purtroppo, però, di crescita e sviluppo si continua a parlare senza che nessuno faccia nulla di concreto. Il problema, sembra, sia il tanto discusso “rigore” che imporrebbe al governo di non mettere mano al portafoglio per aumentare la spesa pubblica e avviare altre forme di stimolo all’economia.
Tutto ciò ha un senso?
Apparentemente no visto e considerato che questa situazione di stallo è determinata anche dalla Germania, uno dei pochi paesi dell’eurozona a trarre enorme vantaggio da questa crisi. E’ proprio la Merkel, infatti, ha la responsabilità politica di quello che sta accadendo in Europa (ma non solo) come testimoniano anche le crescenti pressioni degli altri leader europei e degli Stati Uniti.
Tornando all’Italia le aziende stanno pagando a caro prezzo il contesto internazionale ed il difficilissimo accesso al credito. E’ proprio quest’ultimo fattore, infatti, uno dei principali problemi dell’industria del nostro paese. Le banche, in crescente difficoltà, hanno tagliato i finanziamenti alle imprese mettendo in ginocchio tantissimi imprenditori che, sempre più spesso, finiscono con l’arrendersi e portare i libri in tribunale.
Cosa fare se la propria azienda fallisce
Se da un lato gli imprenditori stanno vivendo momenti drammatici i lavoratori stanno ancora peggio. Spesso, infatti, quando la propria azienda fallisce non si riesce a trovare un nuovo impiego ritrovandosi, da un giorno all’altro, senza reddito.
A questo punto l’unico strumento a disposizione, in attesa di trovare un nuovo impiego, è quello della disoccupazione che consente di ottenere per 8 mesi una piccola entrata che permette di sostenere le spese di prima necessità in attesa di rientrare nel mondo del lavoro.
Il tutto senza dimenticarsi di valutare forme meno convenzionali di lavoro sfruttando settori dove, ancora, ci sono piccoli margini di crescita.