Nelle scorse settimane abbiamo ampiamente parlato dell’Imu (la nuova imposta municipale unica che va a sostituire l’ici) e dei suoi effetti sui proprietari di prime case. Tuttavia in questi giorni è stato lanciato l’allarme relativo alle attività commerciali. Secondo le prime stime, infatti, l’Imu per negozi e imprese subirà dei fortissimi rincari rispetto alla vecchia ici mettendo a rischio chiusura diverse attività commerciali. Seonco le stime di Giancarlo Santilli, presidente dei costruttori di Pesaro, l’Imu porterà un aggravio che va da un minimo del 30 ad un massimo dell’80% rispetto a quanto le aziende versavano con la vecchia ici e il tutto avviene in un contesto già fortemente provato dalla crisi economica che ha ridotto le vendite. Molto, infatti, dipende dai singoli comuni che possono decidere se applicare l’aliquota minima o massima a seconda delle proprie esigenze di cassa. Il problema è che la maggior parte dei comuni sembra abbia deciso di applicare l’aliquota più alta, scelta dettata dalla necessità di incassare quanti più soldi possibili per rimettere in ordine i bilanci.
Secondo un’inchiesta de ilsole24ore.com reallizzata da Gianni Trovati, una buona parte dei comuni sta applicando un’aliquota del 9,6 per mille invece di quella al 7,6 per mille indicata come riferimento del governo.
Il motivo è presto detto: essendo l’Imu un’imposta comunale ma che, a differenza dell’ici, per circa la metà del suo importo va allo stato gli enti locali sono costretti ad aumentare l’aliquota per recuperare quanti più soldi possibili.
Ovviamente a pagarne le spese sono sempre i piccoli commercianti, già stretti nella morsa della crisi economica, che da un lato impedisce loro di accedere ai finanziamenti per via della stretta sul credito delle banche, dall’altro li costringe a dover fare i conti con le vendite in continuo calo. Insomma l’Imu rischia di diventare il colpo di grazia che potrebbe spingere molti negozianti a chiudere i battenti.
Al momento gi si sa con certezza che comuni come Milano, Roma, Palermo, Torino e Genova applicheranno l’aliquota massima così come diversi comuni minori come Pesaro e Fano. Ovviamente questi elencati fin qui rappresentano solo una piccola parte dei tanti comuni che con ogni probabilità applicheranno aliquote superiori al 7,6 per milla indicato da Monti con valore di riferimento.
In sostanza negozi e imprese rischiano aumenti fino al 90% (con picchi, in alcune città, anche superiori al 150%) che, ribadiamo, sono insostenibili in un contesto come quello attuale dove, solo nel 2011, sono fallite oltre 9000 imprese.
Ovviamente non ci resta che attendere la comunicazione ufficiale delle aliquote che verranno applicate in tutti i comuni a negozianti e imprenditori per porter fare il punto della situazione e capire quale sarà il sacrificio chiesto alle attività commerciali.
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