Secondo la Confcommercio, l’associazione di categoria che riunisce i rappresentanti dei commercianti, l’Italia sarebbe entrata in recessione subito dopo l’estate. A parlare è l’uffcio studi dell’associazione che sottolinea le pessime previsioni per il 2012 con il PIL in calo dello 0,6% e i consumi che potrebbero continuare a registrare una diminuzione della spesa nell’ordine dello 0,3% circa. Insomma la parola recessione non è più un tabù, visto e considerato che i commercianti lamentano una diminuzione dei consumi testimoniata, anche, dai pessimi dati degli ordini alle industrie. Purtroppo le misure varate dal nuovo governo, che puntano a stabilizzare i conti dell’Italia, non stimoleranno affatto i consumi, ma anzi, le maggiori tasse provocheranno una ulteriore perdita di potere di acquisto delle famiglie.
Confcommercio lamenta , nel solo mese di Ottobre, una diminuzione dell’1,7% della domanda per i servizi e un calo dello 0,5% della domanda di prodotti. Per quanto riguarda le previsioni per il mese di Dicembre, uno dei più importanti per molti commercianti, le previsioni parlano di una contrazione dello 0,2% dell’indice dei prezzi al consumo.
Secondo l’associazione le cause principali di queste contrazioni dei consumi che ci hanno condotto verso un periodo di recessione economica sono le maggiori tasse introdotte, la perdita di potere di acquisto delle famiglie, il mercato del lavoro in stallo e una forte incertezza sul futuro.
Nelle previsioni più rosee, infatti, una lievissima ripresa potrebbe arrivare solo nel 2013 quando i consumi potrebbero tornare a crescere di un misero 0,2- 0,3% ridando slancio anche al prodotto interno lordo che, si stima, possa tornare su valori di cresita prossimi allo 0,4%.
A quanto pare la strada per l’Italia è tutta in salita. Saranno necessari almeno altri 2 anni di grandissimi sacrifici per riuscire a tornare a crescere. Molto dipenderà anche dagli sviluppi della crisi del debito europeo e da come si riuscirà ad evitare l’uscita dall’euro dei paesi membri.
Ma proprio questa incertezza contribuisce in maniera determinante a frenare ancora di più la voglia di acquistare degli italiani, spaventati da un futuro che appare sempre meno certo, un futuro fatto di maggiori sacrifici in termini di tasse e pensioni, ma anche un futuro sempre più in recessione.