A fine anno, la crescita del PIL (Prodotto Interno Lordo) europeo dovrebbe crescere ad un tasso basso come non accadeva dal 2013. Questa è l’ultima stima fatta dal Fondo Monetario Internazionale (FMI). All’interno del suo ultimo rapporto si legge quanto segue: PIL reale in tutto il continente previsto in riduzione all’1,4%. Nel 2020, dovrebbe riprendersi e attestarsi intorno all’1,8%.
Dall’inizio del 2019 fino a fine settembre, il PIL dell’Eurozona è cresciuto dello 0,2% ogni trimestre, allo stesso ritmo del periodo precedente. Facendo un confronto con il terzo trimestre 2018, la zona euro è cresciuta dell’1,1%, stabilendo il nuovo record negativo dal 2013 ad oggi. A marzo, la BCE è stata costretta a ridurre le sue previsioni sul PIL dall’iniziale 1,7% all’1,1%.
Per quanto riguarda le economie europee più avanzate, la ripresa economica dovrebbe essere più modesta, passando dall’1,3% del 2019 all’1,5% del 2020. Ciò grazie alle previsioni sulla domanda globale, vista in aumento, sebbene l’FMI ha affermato che le prospettive di una ripresa del commercio mondiale non sono solide come sei mesi fa.
Nel rapporto viene affermato quanto segue: “Il rallentamento delle spese in conto capitale e dei beni di consumo asiatici continuerà probabilmente a pesare sulle esportazioni e sulla crescita dell’Europa, dato che la regione è un grande esportatore di beni strumentali e mezzi di trasporto. La solida crescita della domanda negli Stati Uniti, grande partner commerciale per molti paesi europei, è stata un fattore attenuante, ma la crescita degli USA dovrebbe attenuarsi dal suo ritmo sostenuto”.
A pesare sulla crescita dovrebbe essere il settore automobilistico, il quale ha manifestato segnali di saturazione a causa dell’inasprimento degli standard di emissione e dello spostamento del sentimento dei consumatori verso i veicoli elettrici. Ciò avrebbe un impatto particolarmente negativo per produttori del calibro di Germania e Slovacchia.
Il Fondo Monetario Internazionale ha sottolineato che il rallentamento dell’industria e del commercio, combinato con l’incertezza generale e quella sulla Brexit, ha iniziato a incidere sugli investimenti fissi in diversi paesi, con gli investitori nervosi per i venti geopolitici.
Ciononostante, i consumi privati e il settore dei servizi in tutto il continente ha resistito abbastanza bene, aiutati dalla solidità dei mercati del lavoro, i quali hanno contribuito a compensare alcune delle debolezze causate dal turbolento ambiente esterno.
Tuttavia, il rapporto ha concluso che l’industria manifatturiera e il commercio in Europa si sono notevolmente indeboliti: “Sono comparsi alcuni segni di morbidezza nella domanda interna, in particolare negli investimenti. I servizi e i consumi sono stati finora resilienti, ma l’entità della loro resilienza continua dipenderà dagli sviluppi nei mercati del lavoro”.