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La BCE dovrebbe riconsiderare i suoi piani

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Che la guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina abbia destabilizzato maggiormente l’economia europea è sotto gli occhi di tutti. Ma l’UE ha messo in atto piani efficaci per scongiurare una possibile recessione? In tanti, tra cui gli investitori, se lo stanno chiedendo. Forse è arrivato il momento per le autorità europee di riconsiderare la loro posizione politica.

Cifre alla mano, l’economia cinese cresce a ritmo più lento rispetto agli standard visti negli ultimi anni. Va peggio negli Stati Uniti, dove le previsioni d’espansione economica sono scese dall’80% al 20%. Nella zona euro, l’espansione è trascurabile, mentre aumenta la percentuale di una possibile recessione economica (+25%).

Da cosa dipende questa vulnerabilità? Maggiormente dalla Germania, economia che ha trascinato l’Europa nel periodo post-crisi economica. In più, il sovranismo dilagante in alcune nazioni (come la nostra) rischia di destabilizzare politicamente l’Unione Europea. In un recente documento, Marcello Minenna della Consob (Autorità di vigilanza dei titoli italiani) sostiene che le percezioni divergenti sul rischio credito negli Stati membri rafforzano le differenti competitività in beni e servizi. Ciò pone le imprese dei paesi limitrofi in uno svantaggio persistente, che peggiora nei momenti di stress economico-finanziario.

L’eurozona mostra a scarsa propensione a respingere gli shock avversi, come ad esempio quelli provenienti dal Giappone. La BCE non avrebbe mai potuto acquistare titoli di stato così come ha fatto la Bank of Japan. Tuttavia, la deflazione danneggerebbe gravemente l’efficacia della politica monetaria e creerebbe gravi tensioni in specifici Stati membri. Ma anche l’inflazione molto bassa è abbastanza pericolosa. Ecco perché la BCE ha dovuto adottare misure eccezionali, tra cui il quantitative easing.

Le prossime elezioni europee potrebbero offrire l’opportunità di ridurre la fragilità dell’eurozona tramite riforme radicali. Per adesso, tutte le responsabilità contro i pericoli gravano sulle spalle della BCE. Inflazione bloccata all’1%, tassi d’interesse pari a zero: come affrontare allora un’altra grande recessione?

La prima cosa sarebbe quella di aumentare l’inflazione. Lo sforzo è enorme certo, e lo diventerà ancora di più se la ragione politica continuerà ad ostacolare l’acquisto di asset in alcuni paesi.

Le disponibilità di debito dovrebbero riflettere l’importanza relativa dei paesi sovrani, come indicato dalla loro quota nel capitale della BCE. In secondo luogo, le partecipazioni delle passività di un paese non dovrebbero superare il 33% del totale. Lo scopo è minimizzare il rischio di diventare un creditore dominante di qualsiasi governo della zona euro. Anche i limiti delle partecipazioni possono arrivare al 25%. Ma lo scorso giugno, le disponibilità della BCE del debito pubblico tedesco erano già del 22%. Se la BCE continuasse con acquisti di attività su larga scala, potrebbe violare uno dei suoi vincoli: una quota troppo alta del debito di un paese o detenere più del suo debito rispetto alla quota del suo capitale nel paese.

Questi vincoli esistono per impedire alla BCE di diventare il finanziatore dominante in alcuni casi o di fornire un sostegno particolarmente ampio ai paesi con grandi debiti (come l’Italia). Tuttavia, ulteriori acquisti di debito tedesco, con i suoi rendimenti ultra-bassi, raggiungerebbero ben poco.

La dolorosa verità è che la zona euro è molto vicina alla zona di pericolo, come mostra la combinazione dell’inflazione core persistentemente bassa con il recente rallentamento economico. È facile capire perché la BCE riteneva di dover interrompere gli acquisti di beni: voleva dimostrare che si trattava di uno strumento che poteva utilizzare in circostanze eccezionali e quindi di cessare di utilizzare.

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