Come tutte le società preindustriali, l’Europa medievale aveva un’economia prevalentemente agricola. L’unità economica di base era il maniero, gestito dal suo signore e dai suoi funzionari. Questo era, soprattutto nell’alto Medioevo, una proprietà agricola ampiamente autosufficiente, con i contadini che coltivavano i loro raccolti, allevavano il proprio bestiame, producevano pane, formaggio, birra o vino, e per quanto possibile producevano e riparavano le proprie attrezzature, vestiti, case, mobili e tutto ciò che era necessario.
I prodotti in eccedenza venivano venduti nel mercato della città più vicina, dove potevano essere acquistate attrezzature che non potevano essere prodotte o mantenute nelle officine di proprietà. Qui artigiani e negozianti come calzolai, sarti, pasticceri, fabbri e altri facevano i loro affari. Esempi di unità industriali di grandi dimensioni erano le miniere di sale dell’Europa centrale, le cave di pietra e la costruzione navale, soprattutto nei porti più grandi. A Venezia, l’Arsenale era un enorme complesso di costruzione navale e produzione di armamenti, con l’impiego di migliaia di lavoratori.
Nei secoli successivi alla caduta dell’impero romano ad ovest, le rotte commerciali a lunga distanza si ridussero. Le grandi strade romane si deteriorarono nel tempo, rendendo il trasporto via terra difficile e costoso. Le città si ridussero e servivano un’area più locale rispetto a quella dell’epoca romana. I commercianti e gli artigiani lavoravano principalmente per i bisogni delle popolazioni rurali locali (compresi i signori locali).
Il commercio di beni di lusso tra diverse parti d’Europa non è mai completamente scomparso, e la monetazione è sopravvissuta alla caduta dell’impero, sebbene fosse molto più rara. La maggior parte delle merci vendute a lunga distanza dentro e fuori dall’Europa, come l’ambra, le ceramiche, i tessuti, i vini, le pellicce, il miele, l’avorio, le spezie, l’oro e gli schiavi, veniva trasportata tramite piccole imbarcazioni a vela. Il commercio via mare era molto più economico rispetto a quello via terra. Le coste e fiumi dell’Europa erano le principali arterie del commercio internazionale, ma ancora di più lo era il Mar Mediterraneo.
Il commercio nel Mediterraneo si attenuò gradualmente dopo il quarto secolo, finché nel settimo e ottavo secolo ci fu una brusca flessione. Questo fu probabilmente associato alla pirateria araba del Medio Oriente e del Nord Africa, che trasformò il Mediterraneo in una zona commercialmente ostile. I pirati arabi dominavano i mari fino all’XI secolo, fino a quando le città italiane di Genova, Pisa, Amalfi e Venezia iniziarono ad impossessarsi aggressivamente delle basi dei pirati ed a rivendicare i mari per il commercio. Le Crociate completarono questo processo ed entro la fine del 12° secolo il commercio ed i viaggi nel Mediterraneo (anche da parte dei pellegrini musulmani) andò in gran parte in mano agli europei (per la maggior parte italiane).
Le città-stato del Nord Italia continuarono a piantare colonie commerciali sulle isole e sulle coste del Mediterraneo, tra cui la Siria e la Palestina, la Crimea nel Mar Nero, in Sardegna e Corsica. Avevano i loro quartieri mercantili nelle principali città di Costantinopoli, Antiochia, Alessandria e Il Cairo. Venezia in particolare acquisì un impero marittimo che comprendeva parti della Grecia, isole dell’Adriatico e dell’Egeo, le grandi isole di Creta e Cipro e molte città lungo la costa dalmata.