Il Jobs Act del lavoro autonomo ha definitivamente preso il via. Vediamo quindi cosa cambia per i freelance che operano sul libero mercato e in che modo saranno più tutelati, perché la riforma verte proprio su questo: sull’introduzione di una serie di tutele che finora non erano affatto previste e la cui assenza cominciava ad essere sentita sempre più come un peso e come una discriminazione a danno degli autonomi.
Come prima cosa, cambiano le modalità di pagamento delle fatture. I ritardi nei pagamenti, si sa, pregiudicano la liquidità di molti lavoratori autonomi. Per questo motivo il Jobs Act è intervenuto diminuendo da 90 a 60 i giorni massimi entro cui potranno essere saldate le fatture: d’ora in avanti, quindi, le attese per vedersi rimborsare le fatture non potranno più protrarsi oltre i due mesi ed ogni clausola che dovesse prevedere tempi più lunghi verrà considerata abusiva. Senza se e senza ma.
Aumentano poi le spese deducibili per i corsi di aggiornamento professionale e per i corsi di orientamento, estese rispettivamente a 10 e 5mila euro, ma una delle novità più grosse riguarda senz’altro la maternità. In caso di maternità, infatti, la lavoratrice autonoma potrà continuare nella sua professione pur percependo l’indennità e potrà anche fare il nome di una persona di fiducia in possesso dei requisiti professionali che la sostituisca negli incarichi. Il congedo per maternità viene esteso da 3 a 6 mesi e sarà possibile utilizzarlo liberamente entro tre anni dalla nascita del bambino.
Il Jobs Act delle Partite IVA, inoltre, mette finalmente per iscritto il diritto alla disconnessione. Ciò significa che il committente e il lavoratore saranno tenuti a prevedere dei giorni di recupero e dei tempi di riposo per tutelare la salute del professionista.
Infine, malattia e infortunio. A coloro che svolgono un’attività continuativa per un unico committente sarà garantito il prosieguo della collaborazione. Il discorso però cambia per chi è costretto a sospendere una data collaborazione per via di una malattia che lo tiene lontano dal lavoro per più di 60 giorni: in questo caso è stata introdotta la possibilità di sospendere il versamento dei contributi fino a un massimo due anni.