Il dissesto idrogeologico corre di pari passo con quello dei bilanci bancari. Il surriscaldamento globale e quello dello spread vanno a braccetto. Nell’ardua battaglia contro il cambiamento del clima si affaccia ora un nuovo aspetto che probabilmente veniva sottaciuto o più semplicemente sminuito: il rischio che il cambiamento climatico possa mettere a repentaglio la solidità del nostro sistema finanziario.
A ricordarlo è la Banca d’Italia. “Le tematiche ambientali e il cambiamento climatico sono tra le sfide maggiori che ci troveremo ad affrontare”, ha detto il vice direttore dell’istituto Luigi Federico Signorini, intervenendo durante la presentazione del rapporto “National dialogue on sustainable finance”. Considerazioni, quelle di Signorini, che ripercorrono lo stesso terreno già battuto dal ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, che ha anticipato come lo sviluppo sostenibile finirà dritto al centro del G7 italiano: “Gli incentivi per la finanza verde occorre che vengano migliorati”, ha detto Padoan.
L’ufficio studi di Bankitalia sta lavorando proprio su questo: il dissesto del territorio. Un pericolo che l’Italia conosce da molti anni ormai: ad oggi il 15% della popolazione e il 18% delle imprese sono a rischio esondazioni, con un 3.2 e 3.4% rispettivamente situate in zone classificate come “ad alto rischio”. Nel lasso di tempo compreso tra il 2009 e il 2011 si sono consumati una media di 82 eventi l’anno con danni stimati in 2.7 miliardi di euro, mentre il costo per il 2015 è arrivato ben oltre toccando i 3.1 miliardi di euro.
Gran parte di queste perdite, non essendo assicurate, hanno prodotto perdite sostanziali ancora maggiori, tra cui fallimenti di imprese e crediti deteriorati finiti nei bilanci delle banche. Già, perché il dissesto idrogeologico si riflette in maniera diretta e anche piuttosto seria sul ciclo del credito, “riducendo il valore della garanzia dei prestiti bancari a seguito dei danni materiali e influenzando le propensioni finanziarie attive e passive”.
Secondo la Banca d’Italia, per ridurre questo circolo vizioso occorre iniziare a lavorare sulla prevenzione, aumentando per esempio la copertura assicurativa sulle proprietà. “Anche se un terzo della popolazione vive in zone sismiche, il settore assicurativo stima che meno dell’1% delle case abbia una copertura privata per il terremoto”, ha spiegato Signorini. Da qui l’appello per sensibilizzare le famiglie e le imprese verso le assicurazioni private sulla casa.