Quando si parla di omesso versamento dell’IVA si fa riferimento ad un vero e proprio reato.
Più precisamente, il reato di omesso versamento dell’IVA scatta allorquando un soggetto non paga l’imposta per un ammontare di 250 mila euro, così come stabilito dall’art. 10 del Decreto Legislativo n. 74 del 2000.
Il reato in esame, pertanto, non si configura in ogni caso ma solo se e quando viene superata tale somma. Al mancato versamento dell’IVA per una somma al di sotto di tale soglia verrà applicata la sanzione di natura amministrativa (dunque non penale).
Quando si consuma il reato di omesso versamento dell’IVA
Sotto il profilo della struttura del reato, l’omesso versamento dell’IVA è considerato come un reato istantaneo, ovvero, si consuma quando scade il termine ultimo per il versamento dell’acconto relativo al periodo d’imposta successivo, così come sancito dall’art. 10 ter del Decreto Legislativo n. 74 del 2000.
Per quanto concerne, invece, l’accertamento della somma effettiva che deve essere versata, la Suprema Corte di Cassazione si è espressa più volte sul tema ed ha precisato che: “ai fini dell’integrazione del reato di omesso versamento dell’IVA di cui all’art. 10-ter del d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, l’entità della somma da versare, costituente il debito IVA, è quella risultante dalla dichiarazione del contribuente e non quella effettiva, desumibile dalle annotazioni contabili”.
Quindi, per poter stabilire l’entità della somma IVA da versare, è necessario fare riferimento alla dichiarazione del contribuente e non alla somma effettiva che si può desumere dalle c.d. annotazioni contabili.
Le sanzioni
Come già anticipato, il versamento dell’IVA può comportare sia sanzioni amministrative che conseguenze penali.
La sanzione amministrativa è pari al 30% dell’importo non versato. Per quanto riguarda la sanzione penale, il reato può essere punibile con una pena detentiva che va da sei mesi a due anni.
Queste misure si applicano in base alle normative vigenti e alla gravità dell’infrazione. Infatti, si parla di reato solo se il versamento supera i 250.000 euro.
Fino al 2015, la soglia di punibilità era fissata a 50.000 euro, ma con l’art.8 del d.lgs. 158/2015 è stata innalzata.
La modifica è retroattiva, ai sensi dell’art.2 del Codice Penale: ciò significa che si applica anche alle ipotesi di omesso versamento dell’IVA verificatesi prima della modifica.
Chi risponde dell’omesso versamento dell’IVA?
A rispondere dell’IVA non corrisposta è il soggetto incaricato di effettuare il pagamento, come ad esempio il libero professionista titolare di partita IVA. Tuttavia, a volte non è semplice individuare tale soggetto, come nel caso delle società.
La Cassazione, però, ha chiarito che il legale rappresentante della società al momento del termine per il versamento è responsabile dell’omesso pagamento dell’IVA.
È importante considerare, però, che la qualifica di legale rappresentante di una società ed il relativo potere di rappresentanza vengono conferiti direttamente con l’atto di nomina, non con l’iscrizione nel Registro delle imprese.
Con riferimento al profilo soggettivo da verificare in capo a chi pone in essere il reato in esame, i Giudici ermellini hanno più volte precisato che, ai fini della configurazione del reato diomesso versamento dell’IVA, è necessario e sufficiente il c.d. dolo generico.
La prescrizione del reato e del debito
Per quanto concerne la prescrizione del reato in esame, è doveroso fare una distinzione tra la prescrizione del debito erariale e quella del reato derivante dall’omesso versamento dell’IVA.
Nel primo caso, vi è l’estinzione dell’obbligo di pagamento del tributo, secondo quanto stabilito dal Codice Civile.
Il termine di prescrizione è quello ordinario (decennale), come ribadito dal Corte di Cassazione nell’ordinanza del 15 giugno 2023, n. 17234. Invece, il reato contro l’erario si prescrive in un lasso di tempo inferiore, ovvero, sei anni.