Per porre un freno alle conseguenze della guerra commerciale con gli USA, la Cina sta aprendo le porte del paese agli investimenti stranieri.
Li Keqiang, premier cinese, ha dichiarato l’intenzione del governo di liberalizzare ulteriormente il settore manifatturiero, compresa l’industria automobilistica, riducendo contemporaneamente la lista negativa degli investimenti che sta limitando quelli esteri in alcune aree. Inoltre nel 2020, con un anno di anticipo, verranno declassati i limiti di proprietà per gli investitori stranieri nel settore finanziario.
Durante il G20, i leader di Cina e Stati Uniti hanno concordato di incontrarsi presto per riprendere i colloqui commerciali. Gli altri leader presenti hanno chiesto che questa disputa, che sta causando problemi economici globali, venga fermata il prima possibile. Intanto, già domenica, la Cina ha ridotto a 40 il numero di settori soggetti a restrizioni sull’investimento straniero, rispetto ai 48 dello scorso anno.
Tommy Wu, economista presso la Oxford Economics, ha commentato: “L’esperienza dello scorso anno evidenza quanto sia difficile raggiungere un accordo equo sia per la Cina che per gli Stati Uniti. Quest’ultimi vorrebbero che il governo cinese fermasse le sue politiche e pratiche ritenute inaccettabili, come quella industriale e tecnologica. Pechino insiste che le posizioni di entrambe le parti siano uguali, senza quindi soccombere alla pressione degli USA per questo cambiamento richiesto da Trump”.
Il rallentamento della crescita economica globale ha costretto alcune banche centrali, come quelle in Nuova Zelanda, India, Russia e Australia, a tagliare i tassi di interesse.
“Allo stato attuale, i rischi economici globali sono in aumento”, ha affermato Li, “così come stanno rallentando gli investimenti internazionali e la crescita degli scambi”. Incertezza e protezionismo, alla lunga, potrebbero acuire l’attuale crisi. Un rimedio a tutto questo è quindi necessario. Già alcuni Paesi hanno inviato segnali importanti, quali il taglio degli interessi e l’allentamento quantitativo.
Gli indici interni mostrano come sia rallentata l’attività delle fabbriche in Cina. A giugno, il Caixin / Markit Purchasing Managers è arrivato a 49.4, il secondo dato più basso da giugno 2016. Siccome il dato è inferiore a 50, la contrazione è evidente. Il National Bureau of Statistics della Cina ha dichiarato che il suo indice PMI a giugno è rimasto invariato a 49.4.
Le società private, in particolare quelle più piccole che sono più orientate all’esportazione, continueranno ad ricevere ordini di esportazione inferiori, causa un commercio globale più debole e la continua disputa tra Stati Uniti e Cina. Tutti questi dati indicano come il settore industriale cinese stia strenuamente lottando. A volte, il PMI è un’istantanea più utile rispetto a ciò che sta realmente accadendo nell’economia, al contrario dei dati ufficiali sul PIL, che è notoriamente stabile.
I dati di giugno mostrano un andamento simile in gran parte del resto dell’Asia, così come in Europa, mentre la crescita della produzione si è anche raffreddata negli Stati Uniti.