Sebbene vi sia una notevole quantità di disaccordo riguardo alle politica di controllo di un’economia, ci sono ancora alcune cose su cui fondamentalmente tutti gli economisti possono essere d’accordo: un alto impiego è generalmente auspicabile, così come una bassa inflazione. Ogni volta che l’economia di un paese devia da questi obiettivi, in regime di elevati livelli di disoccupazione e instabilità economica generale, ci sono fondate ragioni per creare preoccupazione tra gli speculatori.
Meno di un decennio fa, l’economia greca visse una delle peggiori depressioni che si siano mai verificate nel mondo moderno. In un tempo incredibilmente breve, la disoccupazione aumentò drammaticamente, il tasso di interesse sui titoli di stato salì alle stelle e tutte le altre metriche economiche crearono forte panico.
Adesso è l’economia italiana a creare non poche preoccupazioni. Ma quale punto in comune hanno le due situazioni? Per comprendere i rischi insiti nell’economia italiana, è importante capire perché l’attuale situazione è così familiare a ciò che accadde in Grecia. Entrambe le nazioni hanno tassi relativamente elevati di disoccupazione, sebbene quella italiana (circa 10,2%) non sia così elevata come in Grecia durante il picco del 2011 (27,9%).
Entrambe le nazioni presentano un forte debito pubblico (l’Italia ha attualmente un debito di oltre 2.300 miliardi di euro, il 131% del PIL). Nel 2011, la Grecia impose varie misure di austerità, le quali furono una mossa sbagliata per un paese che era già tremendamente provato a livello di capitale in circolazione. Di conseguenza, queste misure portarono all’aumento dei rendimenti dei titoli a 10 anni da circa il 5% a quasi il 40% in meno di un anno. Ciò che potrebbe accadere in Italia è ancora ignoto, ma la politica populista del Governo e l’euroscetticismo suggeriscono che potrebbe muoversi nella stessa direzione in cui si trovava allora la Grecia.
I dettagli coinvolti nell’economia internazionale possono essere piuttosto complessi e il confronto tra la Grecia e l’Italia implicherebbe naturalmente un approccio più sfumato e globale. Ci sono ancora alcune cose che rendono la Grecia e l’Italia significativamente diverse e gli effetti di queste differenze varieranno enormemente.
Sebbene l’Italia soffra di molti degli stessi problemi economici che la Grecia ha vissuto un decennio fa, il livello di sofferenza non è altrettanto pressante. Il rapporto debito/PIL è più sostenibile, suggerendo che l’austerità potrebbe non essere necessaria; la disoccupazione è inferiore e le obbligazioni italiane hanno registrato una volatilità relativamente bassa. Tutte queste cifre suggeriscono che se ci fu un “punto di svolta” che causò il crollo dell’economia greca, l’Italia non l’ha per adesso superato.
Tuttavia, la differenza più preoccupante è la scala con cui opera l’economia italiana. Mentre, in termini di PIL nominale, l’economia greca è solo al 53° posto nel mondo, l’economia italiana è al 9° (ed è la 4a in Europa). Ciò significa che le relazioni tra l’Italia e il resto del mondo economico sono significativamente più importanti. Inoltre, mentre la crisi della Grecia si è svolta in un mondo “pre-Brexit”, questa tendenza all’uscita dall’Eurozona suggerisce che anche gli italiani potrebbero prenderla in considerazione.