Nelle ultime 25 settimane, i deflussi dei fondi in Europa hanno di fatto cancellato tutti gli afflussi del 2017. Addirittura nei mercati emergenti, dove la situazione è critica, non si può dire la stessa cosa.
Come si spiega razionalmente questa tendenza? Semplicemente considerando due fattori in particolare: la Brexit e il debito pubblico italiano. Quindi, se da un lato gli investitori tentennano, dall’altro mancano alcuni fattori di attrazione, dovuti ad una crescita economica e degli utili decente ma insignificante e troppo assoggettata ai capricci della politica commerciale messa in atto dal presidente Trump.
Il denaro estero conta molto, in quanto gli investitori mondiali sono spesso gli acquirenti marginali dei titoli europei, dal momento che quelli interni mettono meno denaro in azioni rispetto ai loro omologhi americani. I fondi globali rappresentano il 24% delle azioni europee, mentre gli Stati Uniti possiedono il 15%.
Soprattutto dopo il rafforzamento del dollaro, la performance degli investimenti è giustificata dalla mancanza di entusiasmo. L’Europa sembra non essere più particolarmente interessante, con un settore finanziario debole ed uno tecnologico praticamente inesistente. Tutto questo ha fatto decadere il marchio azionario europeo.
Un’altra cosa che non aiuta è la performance negativa delle strategie di valore. Le azioni europee tendono ad essere viste come investimenti di valore negli Stati Uniti, e il valore globale delle azioni si sta avvicinando al livello più basso dal 2000 ad oggi.
Altra spina nel fianco è il commercio, la cui spada di Damocle rappresentata dai dazi di Donald Trump continua a rappresentare una minaccia, nonostante una fugace distensione raggiunta con l’UE a fine luglio. I dazi sulle importazioni delle auto europee sono sempre in agguato, e questo spaventa molto gli investitori.
Se lo scorso anno molto denaro venne riversato nelle azioni europee grazie alle previsioni sulla vittoria certa di Emmanuel Macron alle presidenziali francesi, cosa che poi avvenne, purtroppo quest’anno non ci sono incipit di questa entità, anzi: da un lato c’è il concreto rischio di uno scontro frontale tra l’Italia e l’UE, mentre dall’altro è presente una Brexit imminente e dal risultato economico ancora incerto.
Per gli investitori globali, la Brexit non è solo una questione di volatilità valutaria, ma anche una questione sistemica con rischi di contagio in tutta Europa.
Per quanto riguarda l’Italia, Fitch Ratings ha ridotto il rating da “stabile” a “negativo” dopo che Matteo Salvini ha promesso di tagliare le tasse, minacciando di violare i limiti di budget stabilito dall’UE per portare avanti le promesse elettorali. Questo intento potrebbe far piombare il paese in una crisi economica, sia che si tratti di una fluttuazione nel breve periodo che di un significativo cambiamento della crescita.