I timori di un protezionismo capace di minare l’economia globale stanno assumendo connotati ben marcati. A partire dalla domanda fino ad arrivare a profitti ed ai prezzi, i consumatori stanno iniziando a pagare il loro “dazio” dovuto alla battaglia commerciale intrapresa dal presidente Donald Trump prima con la Cina e successivamente con l’Unione europea.
Gli ultimi segnali di ricaduta sono stati registrati in alcune attività del Giappone, dell’Europa e degli Stati Uniti, nonché dallo stato di ansia in cui riversano le aziende, con l’incertezza che le ha messe di fronte a due scenari: rinunciare ad una parte dei loro margini di profitto oppure aumentare i prezzi. Molti produttori stanno inoltre affrontando i maggiori costi delle materie prime, ulteriore limitazione dei guadagni.
La Harley-Davidson ha decurtato le previsioni sul margine di profitto, incolpando appunto i dazi; Frans van Houten, amministratore delegato della Royal Philips, ha affermato che un’escalation dei dazi potrebbe significare il trasferimento dei costi ai clienti; la Whirlpool Corp ha detto che l’aumento dei costi delle materie prime sta danneggiando i risultati positivi ottenuti in alcuni dei suoi mercati nel secondo trimestre.
Il periodo di crescita esponenziale per l’economia globale sembra finito, iniziando dalla Cina fino ad arrivare in Europa, mentre un certo numero di mercati emergenti si stanno occupando della svendita di valuta.
Abby Joseph Cohen, consigliere consultivo di Goldman&Sachs, ha dichiarato che “la crescita globale continuerà nel 2019, ma si sta muovendo verso una fase più lenta. Una guerra commerciale in più sarebbe un ulteriore peso. Ciò che è così difficile da quantificare è l’impatto non solo sulla domanda, ma sui costi e sulle interruzioni della catena di distribuzione. Ciò di cui disponiamo sono solo aneddoti, ma dobbiamo comunque considerarli. Chiaramente, se ci fosse una guerra commerciale a tutto campo, sarebbe molto difficile per gli investitori concentrarsi direttamente solo sui fondamentali, in quanto l’ambiente geopolitico sarebbe molto scomodo”.
Nell’eurozona, si è verificato nel mese di luglio un rallentamento della crescita, richiesta di nuovi ordini più debole e peggioramento generale della fiducia. Nel Regno Unito, con una Brexit che si sta complicando sempre di più, le aspettative sulla produzione manifatturiera si sono indebolite, così come le intenzioni di investimento.
Nel tentativo di allentare le pressioni sull’economia, il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker si recherà a Washington. E’ doveroso ricordare che l’UE aveva promesso ritorsioni contro l’imposizione di qualsiasi dazio. Negli Stati Uniti, il rapporto sul PMI ha mostrato una crescita continua dell’attività del settore privato, ma anche un calo degli ordini sulle esportazione di merci.
In conclusione, le frizioni commerciali sono chiaramente diventate una delle principali cause di preoccupazione, soprattutto tra i produttori. Le imprese sono diventate sempre più preoccupate dell’impatto che la guerra dei dazi potrà avere sulla domanda, sui prezzi e sulle catene di approvvigionamento.