I più importanti funzionari delle banche europee hanno espresso la loro fiducia verso l’economia dell’eurozona; secondo il loro parere, la strada rimane “sostanzialmente giusta”, ma nel contempo hanno manifestato preoccupazione per l’aumento del protezionismo commerciale che causerebbe una riduzione della fiducia da parte delle imprese, con il conseguente rallentamento della crescita.
Il resoconto, dopo la riunione avvenuta a Riga il mese scorso, è stato pubblicato ieri. Durante l’incontro del 14 giugno, i responsabili delle politiche economiche hanno deciso che i 19 paesi della zona euro possiedono la capacità economica per poter eliminare in modo graduale lo stimolo all’acquisto di bond da 2,4 trilioni di euro a fine anno.
La preoccupazione è naturalmente rivolta all’instabilità dell’attuale commercio globale, creata da una serie di dazi imposti dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump, i quali hanno colpito le merci provenienti dalla Cina, in particolar modo acciaio e allumino. Ma anche quelli europei non sono stati risparmiati, ed i timori che Trump utilizzi lo stesso metro per le auto sono aumentati. La ritorsione europea non si è fatta attendere; ad essere colpite sono state le importazioni statunitensi di whisky, bourbon, jeans Levi’s e le motociclette prodotte dalla Harley-Davidson. All’orizzonte sono previste ulteriori misure, le quali potrebbero danneggiare entrambe le economie.
Alla luce della guerra commerciale in atto, le previsioni rilasciate dalla Commissione europea sull’economia all’interno dell’UE parlano di una crescita del 2,1% quest’anno, in calo rispetto alla precedente previsione del 2,3%.
Pierre Moscovici, il più alto funzionario della Commissione, ha affermato che “la leggera revisione al ribasso rispetto alla primavera riflette l’impatto negativo della fiducia causato dalle tensioni commerciali e dall’incertezza politica, nonché dall’aumento dei prezzi dell’energia. La nostra previsione è di una continua espansione nel 2018 e nel 2019, anche se un’ulteriore escalation delle misure protezionistiche rappresenta un chiaro rischio al ribasso”.
Inoltre, i funzionari ritengono che la recente crescita moderata non è un segnale della fine della ripresa economica. Invece, è la normale conseguenza di una crescita tornata a livelli più normali dopo un periodo di forte evoluzione.
Nel loro ultimo incontro, il consiglio ha deciso di tagliare l’acquisto di obbligazioni mensili a 15 miliardi di euro al mese fino a dicembre per poi portarle a termine. Gli acquisti hanno pompato denaro appena stampato nell’economia, spinti dal tentativo di aumentare l’inflazione verso l’obiettivo stabilito dalla BCE, che è di poco inferiore il 2%. Anche se il tasso primario annuale è stato del 2% a giugno, quello centrale, che elimina gli elementi volatili come cibo ed energia, è solo dell’1%; chiaro segnale che le pressioni inflazionistiche dettate da elementi come i salari tacciono.
La BCE continuerà a fornire stimoli mantenendo i benchmark dei tassi di interesse ai minimi storici almeno fino all’estate 2019.