Raramente l’economia globale ha visto un netto contrasto, tra un presente che sembra così luminoso e un futuro così cupo. In effetti, anche se l’ultima valutazione fatta dal FMI prevede un’altra accelerazione dell’economia globale, le nubi temporalesche cominciano ad affacciarsi all’orizzonte per il prossimo futuro.
La riunione tra i ministri delle finanze mondiali che avverrà la prossima settimana a Washington avrà due facce: la prima di fronte ai giornalisti tra autocompiacimento e prospettive positive, la seconda nel chiuso della sala in cui la realtà dei fatti emergerà inesorabilmente. E mentre contempleranno le numerose crisi incombenti, gli europei saranno quelli che avranno più motivi per preoccuparsi.
Tra le tariffe di Trump su acciaio e allumino che hanno dato vita ad una guerra commerciale, il Medio Oriente dove la guerra siriana rischia di allargare i suoi confini, e la Russia che si sta defilando dall’economia globale a causa delle sanzioni occidentali, il quadro non può che essere negativo. Nel frattempo, l’Europa, che dovrà affrontare a breve la Brexit, rimane fragile in quanto non ha assorbito tutti gli insegnamenti dalla crisi dell’euro.
In questo cupo contesto geopolitico, governi ed economisti saranno costretti a ricordare che l’attuale ripresa poggia su basi finanziarie traballanti. Il debito pubblico e privato è più alto che mai. E il giorno della resa dei conti quando i banchieri centrali dovranno srotolare i loro massicci programmi di stampa del denaro è vicino; anzi, è già iniziato negli Stati Uniti.
I rapporti del FMI sono una dimostrazione di esperienza economica (sebbene le previsioni dell’istituzione non siano sempre giuste) e un esercizio di diplomazia ad alti livelli. Ma non è necessario leggere molto oltre la celebrazione della ripresa nelle prime battute del World Economic Outlook appena pubblicato per capire dove si nascondono i pericoli.
La crescita accelererà quest’anno, proprio come nel 2017. Si prevede che il prodotto interno lordo mondiale aumenterà del 3,9% nel 2018, contro il 3,8% dello scorso anno. La crescita solida negli ultimi anni è stata coordinata su scala globale, basata soprattutto su una ripresa degli investimenti. E la ripresa rimarrà vivace nei prossimi mesi.
Il Fondo Monetario Internazionale avverte però che, oltre i prossimi trimestri, i rischi sono orientati molto verso il basso. Ha elencato le vulnerabilità finanziarie come “un’erosione del sostegno all’integrazione economica globale” (tra le virgole: protezionismo crescente e possibili guerre commerciali) e “una serie di rischi non economici” come “tensioni geopolitiche, discordia politica e shock climatici”.
L’Europa, in questo contesto, non si trova nella posizione migliore. La sua crescita, seppure forte per gli standard recenti, è più debole che nel resto del mondo: il PIL reale nel 2018 dovrebbe aumentare del 2,5% nell’UE rispetto al 2,9% negli Stati Uniti e al 4,9% nei mercati emergenti ed in quelli in via di sviluppo. Il continente è anche vulnerabile perché potrebbe diventare la vittima collaterale di guerre commerciali di cui non era parte, nel caso in cui misure e contromisure tra la Cina e gli Stati Uniti scuotessero gravemente la fiducia delle imprese mondiali.