Il governo, dopo aver introdotto la riforma del Testo Unico del Pubblico Impiego, tramite cui sono state inserite delle strette in materia di licenziamenti e di assenze anomale e ripetute, ha intenzione di mettere mano anche a un altro aspetto: la gestione di permessi, assenze e malattia dei dipendenti pubblici.
Per il momento il governo, per mano del ministro della Funzione pubblica Marianna Madia, si è limitato a spostare all’Inps i cosiddetti controlli fiscali. Le disposizioni più dettagliate però devono ancora essere stabilite e saranno negoziate nell’ambito di un incontro tra Aran e sindacati, a seconda naturalmente dei vari comparti lavorativi di riferimento.
Un punto saliente che sta emergendo in queste ore, e che a quanto sembra dovrebbe finire per riguardare tutti quanti, porterebbe in pista un “tetto massimo di assenze per malattia”. In pratica, oltre a giustificare l’assenza mediante un’attestazione rilasciata dal medico o dalla struttura ospedaliera che ha visitato il paziente, il lavoratore deve anche rientrare nel “monte ore” annuale per poter fruire di tali permessi. In quest’ottica, chiedere 6 ore di permesso verrebbe considerato come l’aver chiesto un’intera giornata di lavoro.
La decisione di introdurre un monte ore per le assenze da malattia, come ovvio, è frutto della lotta all’astensionismo selvaggio. Una condizione che sembrava essere fuori controllo in ampie frange di pubblico impiego, ma che grazie ai licenziamenti lampo e alle norme sui furbetti del cartellino si è andata attenuando. Tra l’altro, il passaggio di competenze all’Inps per quel che riguarda le visite fiscali, obbligherà i lavoratori a rendersi reperibili per molte più ore rispetto a quanto non è accaduto finora.