Il referendum costituzionale, lo sappiamo tutti, ha sancito la vittoria del No. La vittoria dello schieramento del No ha avuto nell’immediato almeno due conseguenze: da una parte le dimissioni del governo presieduto da Matteo Renzi, e dall’altra una reazione da parte delle agenzie di rating. Per quanto riguarda quest’ultimo aspetto, infatti, notizia di poche ore fa è che Moody’s ha deciso di tagliare l’outlook dell’Italia da “stabile” a “negativo”.
La decisione dell’agenzia di rating arriva a seguito del clima di indecisione politica che è scaturito dalle dimissioni di Matteo Renzi, ma è anche la conseguenza del timore di quel che potrebbe accadere nel prossimo futuro: gli analisti di Moody’s (ma non solo loro) ritengono infatti che l’Italia, dopo questo risultato referendario, possa finir vittima delle forze populiste ed euroscettiche e quindi mettere anche in discussione la sua appartenenza all’area euro. Insomma, la decisione di tagliare l’outlook del Belpaese non è che la diretta conseguenza di una credibilità finanziaria che, relativamente al caso Italia, è andata diminuendo di parecchio.
Mentre l’outlook dell’Italia è passato da stabile a negativo, nessuna modifica c’è stata invece sul rating del paese. Secondo Moody’s, però, non è da escludersi la possibilità che anche il rating italiano, oggi fissato a Baa2, non possa subire dei contraccolpi già nel breve periodo.
I motivi per cui anche il rating potrebbe essere tagliato sono fondamentalmente due: il primo è dato dal rallentamento che subirà il percorso di riforme avviato in maniera forte e coraggiosa dal governo Renzi, e l’altro motivo è legato alla preoccupazione che l’Italia d’ora in avanti sarà più esposta al rischio di shock improvvisi (soprattutto perché le prospettive di crescita diventano a questo punto assai meno convincenti). E se tutto ciò lo rapportiamo all’enorme debito pubblico, ecco allora che va a crearsi un mix disastroso.
La situazione insomma non è delle migliori. La Borsa, almeno per il momento, non sta reagendo malissimo. Ma anche in quel caso c’è stata una sorta di tenuta perché i mercati avevano già dato per scontata la vittoria del No e metabolizzato quindi questa situazione già molto tempo prima (infatti, prima del referendum, lo spread era salito di molti punti base fino a toccare quota 190! Per non parlare poi di una Piazza Affari che giorno dopo giorno bruciava sempre più soldi e si contraddistingueva per essere “la maglia nera” d’Europa).