Il Fisco dice addio agli studi di settore che di qui a breve cambieranno forma e nome in “indicatori di compliance”. Ad annunciarlo è il ministero dell’Economia e delle Finanze, il quale spiega che proprio su questo tema si è tenuta una riunione della Commissione degli Esperti per gli studi di settore durante la quale sono state presentate alle associazioni di categoria e agli Ordini professionali tutta una serie di proposte di rinnovamento nel merito. E queste proposte di rinnovamento, di fatto, introducono appunto verso questo nuovo strumento.
Gli indicatori di compliance sostituiranno in tutto e per tutto gli studi di settore e non sono altro che dei dati sintetici che forniscono, su una scala di valori che va da uno a dieci, quello che è il grado di affidabilità del contribuente. In pratica, se il contribuente raggiunge un punteggio elevato allora potrà avere accesso al sistema premiale che prevede, tra le altre cose, un percorso accelerato per i rimborsi del Fisco e l’esclusione da alcune modalità di accertamento. Il problema, a questo punto, sta tutto nel capire come verrà definito questo punteggio di affidabilità.
Sulla base di quanto si apprende, gli indicatori di compliance verranno determinati in base a molteplici elementi: stime sui ricavi e sul reddito di impresa, valutazione dell’andamento del ciclo economico, determinazione di un modello di regressione basato sui dati panel e altre ancora saranno le variabili che verranno prese in considerazione a questo proposito. Resta comunque il fatto che ciascun contribuente verrà a conoscenza del punteggio che gli è stato dato e, chiaramente, in caso di un risultato piuttosto basso verrà anche informato degli aspetti che all’Agenzia delle Entrate dovessero risultare “incoerenti”.
Il punto di forza di questo sistema sta nel fatto che il contribuente non avrà tra le mani il solo punteggio definitivo, ma dovrebbe ricevere in teoria i punteggi per ciascuna di queste componenti, per cui avrà margini di manovra per migliorare proprio in quegli specifici aspetti su cui l’Agenzia delle Entrate dovesse avergli dato un voto basso. Ad occhio e croce, insomma, dovrebbe trattarsi di un meccanismo meno vessatorio e paternalistico, e se vogliamo un po’ più interattivo.