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Iscrizione all’albo forense: nuovi requisiti per gli avvocati

L’Italia è il Paese delle caste e delle corporazioni, ma da qualche tempo a questa parte sembra che le cose stiano cambiando, muovendosi verso una maggiore liberalizzazione dei settori professionali che indurrà ad un loro depotenziamento da una parte e a prezzi più bassi per gli utilizzatori finali dall’altra.

In particolar modo sono in via di cambiamento le norme che regolano l’attività degli avvocati, per via del parere positivo varato dal Consiglio di Stato in merito alle nuove condizioni di accesso al relativo albo professionale. Ciò significa che le regole a cui sottostare per iscriversi all’ordine degli avvocati stanno cambiando, anzi, a volerla dire tutta sono già cambiate sotto diversi punti di vista (alcuni dei quali anche piuttosto sostanziali)!

Requisiti per l’iscrizione all’albo forense: ecco cosa cambia

In primo luogo colui che vuole iscriversi all’albo professionale di sua competenza deve essere in possesso di una partita IVA, di conseguenza i legali assunti in qualità di dipendenti di uno studio professionale non possono più entrare a far parte dell’albo.

Si tratta in sostanza di includere nell’elenco solo avvocati che “guidano” la loro attività e non quelli che “si lasciano guidare”: non a caso, a completamento della norma sul possesso di una partita IVA, tra i requisti di accesso figura altresì l’essere titolare di locali predisposti a studio, di una linea telefonica che sia adibita solo ed esclusivamente alle chiamate di lavoro e di una casella di posta certificata utile per le comunicazioni di tipo lavorativo. E’ poi richiesto che l’avvocato dimostri di seguire un corso di aggiornamento professionale costante e provi di avere una polizza assicurativa tesa a coprire la responsabilità civile sulla consulenza.

E’ finita qua? Niente affatto: per non uscire dall’albo forense è poi necessario che l’avvocato dimostri di essere in regola col versamento dei contributi annuali dovuti a favore del consiglio dell’ordine e della Cassa di Previdenza Forense, nonché di avere avuto sotto sua stretta competenza almeno cinque casi nell’arco dell’anno.

Requisiti su iscrizione e permanenza: ma chi controlla?

Il Consiglio dell’Ordine locale effettuerà i dovuti controlli circa i requisiti di iscrizione e di permanenza all’albo forense su cadenza triennale. Ciascun avvocato può provvedere in totale autonomia all’autocertificazione dei requisiti, e può farlo tramite dichiarazioni sostitutive che verranno comunque assoggettate ad una serie di controlli a campione.

Nell’ipotesi in cui dai controlli dovesse emergere la mancanza di anche solo uno dei requisiti suddetti, il Consiglio dell’Ordine locale inviterà l’avvocato (tramite Pec o lettera raccomandata) a presentare osservazioni o a rimediare alla sua posizione dubbia entro un periodo massimo di 30 giorni. Se la risposta da parte del soggetto interessato non dovesse arrivare, ecco che nei 15 giorni successivi scatta la delibera di cancellazione dall’albo.

Tuttavia la cancellazione dall’albo forense non è mica permanente: se questa è stata dovuta alla mancanza del requisito riguardanti i 5 casi annuali o magari al mancato aggiornamento professionale, sarà sufficiente attendere 12 mesi dal momento di avvenuta cancellazione per provare a rientrare. In tutte le altre ipotesi che possano aver causato la cancellazione, invece, si può provvedere alla re-iscrizione immediata non appena vengono adempiuti i requisiti mancanti.

Mestiere di avvocato tra cambiamenti politici e sociali

Il mestiere di avvocato sta cambiando a più non posso sia per via di queste nuove norme relative all’iscrizione all’albo professionale, sia in forza dei decreti di liberalizzazione che ne hanno affievolito un po’ il suo ruolo nella società (si pensi alla recente legge sul Divorzio Breve che ha sradicato lo strapotere avuto finora da questi professionisti sul fronte delle interruzioni matrimoniali).

E poi c’è la sfida dei numeri. Perchè l’Italia è uno dei paesi al mondo col più elevato numero di avvocati (e architetti): il nostro Paese ha quattro volte la quantità degli architetti inglesi, nonché un terzo di tutti i professionisti dell’intera area europea. Gli avvocati sono inoltre 333 ogni 100 mila abitanti, mentre invece la Francia ne ha solo 75. In Italia ci sono 27 avvocati per ogni magistrato, in Francia sono solo 7 e nel Regno Unito addirittura 3.

Tutto ciò si traduce in almeno due drammatiche realtà: la prima è quella che descrive l’Italia come un paese ingolfato dai processi, tant’è che al proprio seguito conta addirittura 6 milioni di processi civili pendenti. Ma c’è anche un effetto che non può non ripercuotersi sui redditi, poiché è evidente che quanto più sono gli avvocati tanto meno è la possibilità che il reddito di ciascuno di loro sia particolarmente alto: i professionisti della legge dichiarano un reddito medio inferiore ai 50mila euro, mentre 56mila legali con età inferiore ai 40 anni dichiarano di non arrivare neanche ai 10.300 euro annui; i praticanti e i tirocinanti che lavorano anche 12 ore al giorno, infine, non percepiscono più di 300 euro mese.

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