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Abolizione Tasi e IMU dal 2016: come cambieranno le tasse locali?

In questi giorni Matteo Renzi è tornato a trattare il caldissimo tema dell’abolizione della Tasi e dell’Imu che a suo dire dovrebbe rendersi tale già nel 2016. La misura tanto voluta da una buona parte del Paese ma al tempo stesso osteggiata da alcune parti politiche (come la sinistra dem dello stesso Partito Democratico) dovrebbe essere inclusa nella Legge di Stabilità e, al tempo stesso, contenere diverse altre misure per quel che riguarda una revisione complessiva del sistema delle tasse locali.

L’obiettivo del Governo quindi non è solo quello di liberare i cittadini del fardello della tassa sulla prima casa, ma di rivedere da cima a fondo il funzionamento delle tasse locali che ad oggi appare un po’ troppo confusionario, complesso e anche piuttosto corposo in termini di spesa. Ma esattamente cosa c’è nel piano del Governo, e soprattutto, le critiche provenienti da alcune parti politiche e gli appunti posti all’attenzione dal sottosegretario all’Economia Enrico Zanetti finiranno con l’ostacolare il cammino di questa riforma?

Abolizione di Tasi e Imu dal 2016: cosa prevede il piano Renzi

In occasione del discorso tenutosi al Teatro Rossini di Pesaro, il premier Renzi ha affermato che la riduzione della tasse ci sarà e che partirà prima di tutto dall’abolizione della Tasi sulla prima casa e dell’Imu per quel che riguarda alcune specifiche realtà. La roadmap prevede l’abolizione della Tasi sulla prima proprietà, nonché quella dell’Imu sui terreni agricoli e sui macchinari imbullonati già nel 2016; la riduzione dell’Ires dal 31% al 24% nel 2017 e l’intervento sull’Irpef con modifiche previste sugli scaglioni di reddito nel 2018.

Ma concentriamoci sul discorso casa. Sotto questo punto di vista i tecnici del Governo stanno pensando a un sistema che in primo luogo spazzi via tutte le tasse locali facendole confluire in un unico tributo che prenderà il nome di Local Tax, ma che al tempo stesso proceda verso la semplificazione di questa nuova Local Tax anche tramite l’obbligo per i Comuni di inviare un bollettino precompilato ai contribuenti, verso il mantenimento della Tari che però sembra destinata a fondarsi su altri criteri di imposizione, l’accorpamento di una nuova singola tassa (un po’ come la Local Tax) delle imposte comunali minori come Cosap, Tosap e Cimp che sono dovute da parte dei titolari di attività commerciali e che riguardano elementi quali l’occupazione di suolo pubblico e l’affissione di pubblicità.

Ai Comuni che temono di dover fare i conti con un minore afflusso di denaro alle loro casse, il Governo promette l’attribuzione alle amministrazioni comunali dell’intero gettito Imu sui capannoni industriali e una quota maggiore di gettito derivante dall’Imu sulla seconda casa (attualmente questo tributo viene diviso al 50% tra Stato e Comuni). Inoltre, i soldi che verrebbero a mancare in seguito all’abolizione della Tasi sulla prima casa, si dice saranno reintegrati tramite trasferimenti diretti per mano dell’amministrazione centrale.

Riduzione delle tasse locali: ma con quali coperture?

Ma ci sono degli ostacoli di percorso a cui porre riguardo, ostacoli che tra l’altro non sono per forza di cose riconducibili a forze politiche di opposizione ma che fanno leva all’interno del Governo stesso. Il sottosegretario all’Economia Enrico Zanetti (del partito di Scelta Civica), ha sì confermato la necessità di abolire la tassa sulla prima casa ma al tempo stesso ha frenato sull’avanzata del “concedere tutto a tutti”.

Secondo il parere di Zanetti, infatti, la Tasi sulla prima casa andrebbe abolita solo per una parte di popolazione e mantenuta per gli immobili di maggior valore: il costo di un’abolizione tout court verrebbe a costare 3.4 miliardi di euro, mentre invece toglierla di torno solo ad una fascia di popolazione consentirebbe di recuperare 1.2 miliardi di euro e di portare a un minor gettito di soli 2.2 miliardi.

Zanetti specifica però che la volontà di non procedere sulla linea Renzi non sarebbe da giustificare con la teoria secondo la quale “una parte dell’esecutivo non vuole tagliare le tasse”, ma va motivata con la volontà di non insistere troppo sul taglio delle tasse sulla casa e di provare a spendere parte di quelle energie e di quei fondi per tagliare con più decisione la pressione fiscale che colpisce il costo del lavoro. Il cuneo fiscale in Italia è tra i più alti non solo d’Europa, ma del mondo intero: un intervento deciso sulla riduzione dei tributi che colpiscono lavoratore e datore di lavoro è fondamentale per la ripresa economica del Paese.

Altre critiche, stavolta dalle opposizioni, insistono invece sul discorso delle coperture. Il Governo però assicura che la volontà di ridurre le tasse non si tradurrà nel già conosciuto meccanismo di aumento di altre tasse: la strada maestra sarà quella della spending review che se mai dovesse avvenire nei termini delineati dall’esecutivo, si porrebbe come il più grande intervento di riduzione della spesa pubblica mai realizzato prima. Inoltre i proventi potrebbero essere recuperati anche dall’incremento del gettito relativo alla lotta all’evasione (su questo fronte sono già state registrate maggiori entrate nella misura del +7%).

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