Nonostante l’allora ministro Elsa Fornero tentò di gettare nero su bianco una riforma delle pensioni che potesse essere quanto più completa e stabile per il lungo periodo, ancora oggi, a distanza ormai di qualche anno, la politica e le parti sociali continuano a voler modificare quella che fu definita una “riforma epocale”. Il sistema previdenziale dall’intervento della Fornero in poi è sicuramente stato trasformato in chiave europeista e messo in piedi secondo concetti ben precisi in fatto di bilancio e sostenibilità: si è sostanzialmente passati da un sistema permissivo ma tremendamente fragile ad un sistema molto più solido ma non privo di lati di penombra.
E proprio su quei lati di penombra tentano di farsi strada le proposte che i segtrretari confederali di Cgil, Cisl e Uil hanno messo a punto pochi giorni fa. L’obiettivo è quello di sanare gli aspetti meno convincenti della riforma delle pensioni posta in essere dall’intervento della Fornero, ma di farlo in maniera che sia il più convergente e unanime possibile. Il fatto stesso che i sindacati abbiano deciso di incontrarsi preventivamente ha una ragione di fondo estremamente pratica: arrivare a un confronto con il ministro del Lavoro Poletti con dati realistici, proposte convincenti e affinità di interessi.
Per questa ragione approfondiamo un po’ i punti principali che vengono posti sotto la lente di ingrandimento!
Riforma delle Pensioni: le proposte dei sindacati
I sindacati confederali stanno lavorando a stretto contatto per tentare di portare a segno una rivisitazione della riforma delle pensioni, e farlo, naturalmente, seguendo una traiettoria opposta rispetto a quella battuta dal presidente dell’Inps Tito Boeri. I punti chiave sui quali si snodano le proposte che verranno presentate al Ministero del Lavoro sono i seguenti:
Pensione anticipata – Per quel che riguarda la possibilità di uscire anticipatamente dal mondo del lavoro e quindi nel tentativo di riformare la flessibilità in uscita, il piano consiste nel riconoscere ai 62enni la possibilità di uscire dal mondo del lavoro e di farlo senza vedersi attribuita alcuna penalizzazione in termini di incasso. Il piano Boeri così come quello avanzato da Cesare Damiano (Pd) prevede invece che questa facoltà sia concessa, ma con annessa la decurtazione dell’assegno pensionistico (seppur in maniera non così eclatante).
Sostegno al reddito – I sindacati chiedono inoltre che venga garantito un sostegno al reddito molto più robusto e versatile rispetto a quanto non siano in grado di fare gli attuali ammortizzatori sociali. In questo modo si aprono di fatto le porte al reddito minimo garantito, elemento portato in auge molto di frequente tanto dai sindacati quanto da diverse forze politiche (tra cui il M5S, la cui proposta in oggetto abbiamo esaminato qualche tempo fa in questo approfondimento).
Esodati – Gli esodati rappresentano uno degli errori che vengono imputati per la maggiore alla ex ministra Fornero. Il fatto stesso che molte persone si siano ritrovate e parecchie di queste si ritrovino ancora oggi senza pensione né lavoro, non solo è un dramma sociale di enorme portata ma si configura anche (e purtroppo) come strumento ripetutamente rilanciato in salsa elettorale. Per quanto attiene questo fatidico tema, i sindacati propongono di aiutare gli esodati tramite forme di sostegno al reddito mirate da tenere attive fino a quando non sopraggiungano le condizioni per poterli fare andare in pensione.
Sistema contributivo – Un altro nodo cruciale della questione pensionistica riguarda il passaggio al sistema contributivo che è peraltro il motivo stesso per cui, pur con le sue ombre, la riforma Fornero abbia avuto il merito di aver messo in salvo i conti pubblici. Col precedente sistema misto a prevalenza retributiva, infatti, si finiva per scialaquare enormi risorse pubbliche nonché col fornire pensioni che non rispettavano affatto il monte contributi versati: uno spreco di proporzioni immani oltre che condizione di totale ingiustizia verso le nuove generazioni. Tuttavia i sindacati chiedono una revisione del regime puramente contributivo poiché asseriscono che in questo modo le pensioni future rischiano di risultare troppo basse.
Contratti collettivi privati e contratti pubblici
Ma i sindacati confederali non intendono portare avanti riforme pensate solo ed esclusivamente in chiave pensionistica, ma di mettere sul tavolo del confronto anche il delicato tema dei contratti collettivi privati e pubblici. Ma esattamente cosa propongono Cgil, Cisl e Uil a tal proposito?
L’obiettivo è quello di marciar dritto e raggiungere scopi opposti rispetto a quelli paventati da Confindustria: se il sindacato degli imprenditori preme per una riforma del modello contrattuale, i sindacati dei lavoratori chiedono a Poletti di spendere energie e risorse per rinnovare i contratti collettivi dei chimici e dei metalmeccanici, soprattutto per quel che riguarda gli accordi scaduti o in scadenza.
Anche sul fronte della Pubblica Amministrazione c’è qualcosa che bolle in pentola: più che di proposte, però, sarebbe opportuno parlare di attesa giacché attualmente i sindacati se ne stanno fermi e buoni a guardare cosa il decreto sulla Pubblica Amministrazione (altrimenti noto come ddl Madia) intenderà porre al centro dell’attenzione. Intanto, una cosa sul fronte della PA rimane certo: i sindacati controlleranno con attenzione come il Governo intenderà muoversi per il rinnovo del contratto degli statali su spinta di una recente sentenza della Corte Costituzionale (la quale sanciva l’illegittimità del blocco della rivalutazione degli stipendi pubblici).