- Controllo a distanza lavoratori: cosa dice il Jobs Act
- Come funziona il controllo nel dettaglio
- Cosa controllerà e cosa non controllerà l’azienda?
La seduta del Consiglio dei Ministri datata 11 Giugno 2015 ha introdotto un decreto attuativo a dir poco contestato da parti politiche varie, sindacati e opinione pubblica in generale: tra le norme approvate, infatti, ne figura una tramite la quale si dà il via libera al controllo a distanza del lavoratore. Ma perchè ha suscitato tante polemiche ed esattamente cosa prevede il testo su questo fronte?
Controllo a distanza lavoratori: cosa dice il Jobs Act
Ad essere finito nell’occhio del ciclone è il capitolo relativo alla razionalizzazione e alla semplificazione delle procedure a carico di cittadini, imprese ed altre realtà che hanno strettamente a che fare col mondo del lavoro. In questo senso sono stati inseriti l’obbligo di reperibilità da parte dei privati durante gli orari di visita fiscale INPS, una modifica dello Statuto dei Lavoratori che di fatto legalizza il dimensionamento e, per appunto, una norma che consente il controllo a distanza del lavoratore da parte del titolare dell’impresa.
Quest’ultimo punto è stato oggetto di non poche contestazioni e, in forza di ciò, riteniamo opportuno capire cosa dice in realtà e quali effetti riverbererà nell’ambito della vita lavorativa di un dipendente. In sintesi, il controllo a distanza introdotto nel Jobs Act prevede che l’azienda abbia la possibilità di effettuare controlli su computer, cellulari, tablet e apparecchiature elettroniche varie che sono di sua proprietà ma che cede al lavoratore per l’espletamento del proprio lavoro; si tratta di un controllo che potrà avvenire a campione, seguendo le discrezionalità dei vertici aziendali e che potrà aver luogo senza chiedere il parere preventivo da parte dei sindacati.
Detta in parole povere, quando lo riterrà opportuno, l’imprenditore o chi per lui informerà direttamente il dipendente di voler controllare i beni tecnologici aziendali a lui ceduti senza che sia necessaria un’apposita autorizzazione da parte dei sindacati o del Ministero del Lavoro (così come avveniva fino ad ora). Essendo beni di suo possesso ed essendo questi apparecchi tecnologici destinati alla sola attività professionale, dunque, viene stabilito il principio secondo il quale l’azienda abbia tutta la facoltà di poter “prendere il comando” dei suoi beni.
Questa norma stabilisce però che il controllo di cellulari, computer e tablet aziendali debba poter essere consentita senza tante autorizzazioni di sorta ma che debba al contempo avvenire non dimenticando il rispetto della normativa sulla privacy. A questo punto, come farà l’azienda a controllare i beni ceduti al lavoratore senza venire a conoscenza di dati eventualmente sensibili? Per fugare questa evenienza viene stabilito che il controllo dei beni aziendali potrà avvenire solo dopo aver preventivamente avvertito il lavoratore circa la possibilità che i suoi beni potranno essere oggetto di controllo da un momento all’altro e di conseguenza spronarlo a comportarsi con le dovute cautele.
Come funziona il controllo nel dettaglio
Il controllo a distanza dei mezzi tecnologici potrà esser fatto solo ed esclusivamente su cellulari, computer e tablet utilizzati per un’attività lavorativa, senza quindi aprire minimamente al rischio che eventuali controlli possano coinvolgere beni che sono strettamente privati.
Per quel che riguarda invece le telecamere sul posto di lavoro o altri strumenti che più in generale diano modo di controllare a distanza il lavoratore, l’articolo 23 del Jobs Act parla di impianti audiovisivi che potranno essere impiegati solo per esigenze tecnico organizzative e produttive dell’impresa, per ragioni di sicurezza dei lavoratori sul luogo di lavoro e per tutelare il patrimonio aziendale dal verificarsi di furti e da danneggiamenti altrimenti privi di un colpevole.
A differenza di quel che avviene con le apparecchiature tecnologiche affidate ai lavoratori, relativamente all’installazione delle telecamere continua ad esser fatto salvo il principio dell’autorizzazione preventiva: l’azienda che vorrà installare tali unità di controllo, in sostanza, potrà farlo solo previo accordo sindacale o nel caso in cui non si raggiungesse una quadra richiedendo l’autorizzazione alla Direzione Territoriale del Lavoro o al Ministero del Lavoro (in quest’ultimo caso per le sole aziende aventi più unità produttive).
Cosa controllerà e cosa non controllerà l’azienda?
In sintesi, tutto quanto detto fino ad ora, può essere riassunto secondo il seguente schema.
L’azienda potrà controllare:
- Smartphone, computer e tablet aziendali.
- Controllo a distanza attraverso l’installazione di impianti audiovisivi inseriti sul luogo di lavoro per ragioni tecnico organizzative, di sicurezza o per la tutela del patrimonio aziendale.
- Monitoraggio della Geolocalizzazione consentita solo dopo che siano state fatte salve le norme sulla privacy, ovvero solo a fronte del fatto che il lavoratore venga informato preventivamente sulla messa in dotazione di questo strumento di controllo e solo se la localizzazione risulti attiva anche sul cellulare del dipendente.
- Registrazione degli accessi e delle presenze.
L’azienda non potrà controllare:
- Smartphone, computer e tablet privati del dipendente.
- Caselle di posta elettronica e navigazione Internet dei propri dipendenti a meno di eventi eccezionali. In questo senso il Garante della Privacy ha già a suo tempo stabilito che l’azienda non possa controllare sistematicamente la posta elettronica del dipendente, che non possa registrare pagine internet lette e visualizzate dal lavoratore, che non possa suggerire al dipendente di visitare siti internet (anche qualora fossero correlati all’attività di lavoro) e che non possa utilizzare dei filtri atti ad impedire l’accesso a determinati siti web o al download di file video o musicali che siano