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Reddito di cittadinanza: cos’è e come funziona

Se ne parla già da un po’ di tempo a questa parte ma alla fine il reddito di cittadinanza non ha mai trovato terreno fertile sul quale poter concretizzare la sua avanzata. In molti paesi europei questa forma di ammortizzatore sociale esiste da tempo immemore, ma in Italia, per tutta una serie di ragioni, non ha mai attecchito: a provare a lanciare la discussione nelle aule parlamentari ci hanno provato alcuni esponenti politici (Movimento 5 Stelle in primo piano, ma anche diverse aree della sinistra che ultimamente ha preso le distanze dal “metodo Renzi”). Ma cos’è questo reddito di cittadinanza e perchè è oggetto di tante polemiche?

Reddito di cittadinanza: quali sono i suoi obiettivi?

L’obiettivo principale di questa misura è quello di garantire ai cittadini italiani un sussidio universale di assistenza sociale: anziché concedere la disoccupazione, le varie indennità, la cassa integrazione ed altre forme di sostegno che rispondono ormai a principi antiquati, il reddito di cittadinanza vuol far sì che ci sia un unico grande sussidio sul quale poter fare affidamento. Con il reddito minimo garantito verrebbero spazzate vie tutte le attuali diramazioni del Welfare State per fare spazio ad un sussidio che sia universale ma al tempo stesso selettivo.

Al di là degli obiettivi di semplificazione, questa misura vuol garantire la certezza di un reddito certo ai contribuenti italiani anche e soprattutto quando questi perdono il posto di lavoro: l’abbattimento della povertà, delle disuguaglianze sociali e della crisi economica, secondo i fautori di tale proposta passerebbero appunto per l’approvazione del reddito di cittadinanza. Ma tra gli obiettivi del ddl, proprio come specificato dal testo ufficiale, v’è anche quello di “contrastare il lavoro nero e sottrarre i cittadini al ricatto del lavoro sotto pagato, eliminare la precarietà, nel rispetto della dignità della persona, contribuendo alla ridistribuzione della ricchezza”.

Reddito di cittadinanza: requisiti e beneficiari

Vediamo ora di analizzare coloro i quali avrebbero diritto al reddito di cittadinanza: secondo l’art.4 della proposta di legge, gli aventi diritto sarebbero sia i cittadini italiani che stranieri aventi a loro volta sottoscritto le convenzioni bilaterali di sicurezza sociale e percepenti un reddito netto anno inferiore alla soglia dei 9.360 euro. Visti i due principali capisaldi di questa misura, ci sono anche altri requisiti soggettivi e oggettivi per poter avere accesso al reddito:

  • Avere almeno 18 anni di età.
  • Aver ottenuto una qualifica o un diploma professionale (che coincide con un normalissimo diploma di istruzione secondaria di secondo grado o tutt’al più con la frequenza ad un corso di formazione che sia equiparabile al suddetto titolo).
  • Obbligo di rendersi immediatamente disponibili al lavoro presso i vari centri per l’impiego sparsi sul territorio e, di conseguenza, garantire la propria disponibilità per la “partecipazione a progetti gestiti dai comuni, utili alla collettività, in ambito culturale, sociale, artistico, ambientale, formativo e di tutela dei beni comuni, da svolgere presso il medesimo comune di residenza o presso quello più vicino che ne abbia fatto richiesta”.
  • Non rifiutare più di tre offerte di lavoro (che più che un requisito si qualifica come la possibilità di perdere il requisito stesso).

Reddito di cittadinanza: di quali importi parliamo?

In realtà esistono diverse formule diverse che hanno a che fare con il reddito minimo garantito, anche se quella che stiamo analizzando in questa fase è quella più recente e discussa in Italia. Ebbene, la formula proposta dai parlamentari pentastellati lavora per garantire al beneficiario un reddito annuo di almeno 9.360 euro: ciò vuol dire che se il soggetto interessato fosse senza posto di lavoro gli spetterebbe un assegno netto mensile di 780 euro; mentre nell’ipotesi in cui avesse già un’occupazione ma non tale da assicurargli questa retribuzione mensile, allora avrebbe diritto ad una integrazione che per l’appunto porti il suo reddito alla quota minima dei 780 euro.

Questi numeri non sono affatto casuali, poiché quella dei 780 euro mensili è la soglia al di sotto della quale scatta la condizione di povertà o almeno così è stato stabilito dall’indicatore ufficiale di povertà preso in riferimento dall’Unione Europea. Tra l’altro la proposta tiene a sottolineare che detto reddito mensile non debba costituire reddito imponibile (ovvero utile ai fini della tassazione), né possa essere pignorabile per una qualunque ragione.

Reddito di cittadinanza: le coperture

Il capitolo delle coperture è senz’altro uno dei più discussi e, non a caso, quello che più di ogni altro ha scongiurato l’approvazione della misura. Secondo i pareri contrari, il reddito minimo garantito non assicurerebbe la tenuta delle già precarie casse di Stato e in effetti, dati alla mano, i costi sono piuttosto alti.

Le prime stime indicano che per poter attuare questa misura siano necessari almeno 17 miliardi di euro nel 2015 e di 16 miliardi annui dal 2016 in avanti, numeri che attualmente lo Stato non sarebbe affatto in grado di sostenere. I fautori del ddl indicano tuttavia le coperture tramite le quali il reddito di cittadinanza potrebbe essere finanziato: i soldi necessari arriverebbero dalla tassazione sui giochi, dall’introduzione di un’imposta gravante sui grandi patrimoni e sulle cosiddette “pensioni d’oro”, dal taglio delle spese militari e dalla dimissione di pezzi del patrimonio della difesa, dalla riduzione delle indennità parlamentari e da un massiccio intervento sulla scandalosa questione delle auto blu.

Insomma tra costi e benefici, potenzialità e rischi, la proposta del reddito minimo garantito fa sicuramente un gran discutere. E probabilmente è destinata, se non a naufragare per l’ennesima volta, quanto meno a far sì che ne possa nascere un ulteriore dibattito con conseguente prolungamento dei tempi: riflessioni di natura etica e filosofica, ragionamenti stavolta più pragmatici aventi a che fare con le coperture finanziarie e tanti altri opinabili fattori di discrezionalità fanno sì che il reddito di cittadinanza non sia certo considerabile di facile risoluzione!

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