Il prossimo 18 settembre è in programma il referendum per l’indipendenza della Scozia dal Regno Unito. Valutato che – secondo i più attendibili sondaggi – i favorevoli alla separazione sarebbero in vantaggio, la sterlina in questi giorni sta subendo degli scossoni particolarmente importanti che potrebbero collimare nella data del 18 settembre, quando gli scozzesi saranno chiamati a esprimersi sulla “secessione”. Negli ultimi mesi il referendum era stato parzialmente sottovalutato dalle parti in causa, convinte che i favorevoli all’indipendenza fossero una decisa minoranza: il Sunday Times ha tuttavia ieri pubblicato un report “choc”, che dimostra come i favorevoli all’indipendenza siano il 51%, contro il 49% dei fedeli britannici.
Di qui, un piccolo caos valutario. La possibilità che a partire dal 18 settembre la Scozia diventi indipendente, infatti, ha spinto il governo conservatore e le forze d’opposizione a unire le forze contro quello che sarebbe un dramma geopolitico e finanziario (così, ovviamente, non la pensano le forze indipendentiste). Una unione di forze che tra poche ore si concretizzerà nel lancio del piano “devo maxi”, una sorta di esplosione del processo di devolution, che dovrebbe permettere alla Scozia di poter disporre di maggiore autonomia (fiscale, e non solo). La mossa sembra tuttavia una azione frettolosa e mal predisposta per cercare di correre ai ripari, e la leva di Cameron potrebbe non bastare per mettere al freno l’emorragia di consensi della parte dei “no”.
La sorpresa per la potenziale indipendenza della Scozia sembra così essersi abbattuta improvvisamente su Londra, che fino a pochi giorni fa aveva eccessivamente sottovalutato la gravità dei fatti. Merito, ancora una volta, di sondaggi evidentemente non così certi: fino a poco tempo fa i “no” all’indipendenza erano in solido vantaggio, con un margine che oscillava tra il 10% e il 20%. Nelle ultime settimane il margine si era poi ridotto intorno al 5-7%, mentre domenica il Times ha pronosticato il sorpasso dei “si”. Un sorpasso favorito dalla campagna referendaria molto aggressiva dei “no”, alla quale ha fatto fronte una campagna inefficiente dei “si”, che invece di puntare sulla bellezza dell’unione, ha puntato sulla paura delle divisioni, cercando di spaventare gli scozzesi sulle conseguenze economiche dell’indipendenza.
Altra determinante che ha permesso ai “si” la risalita, sono le apparizioni televisive di Alex Salmond. Il premier del governo autonomo scozzese e leader del partito nazionalista ha infatti facilmente avuto la meglio – mediaticamente – sui rivali. Apparizioni convincenti che potrebbero costare caro, carissimo, al governo di Cameron.