Come tutti ben sappiamo Monti ha da poco dato le dimissioni in seguito alla scomunica del Pdl che ha dichiarato di non avere più fiducia nel Professore e di non voler più appoggiare il suo governo in Parlamento. Berlusconi, inoltre, ha dichiarato di volersi ricandidare nonostante avesse più volte detto negli ultimi mesi di volersi far da parte. Insomma un mix che ha infiammato i mercati con lo spread che torna subito a crescere. D’altronde le reazioni sono state quasi unanimi. Ma la più eloquente, forse, è stata quella del presidente del Parlamento europeo Schulz che alla vigilia della consegna del Premio Nobel per la pace all’Unione europea a Oslo ha sottolineato che “Berlusconi è il contrario della stabilita ed il suo ritorno può essere una minaccia per l’Italia e per l’Europa“.
Quello che è certo è che lo spread tra btp e bund tedeschi dopo essere sceso sotto i 300 punti base (record degli ultimi 2 anni) torna a salire velocemente attestandosi poco sotto i 350 punti base. Ma cosa cambia veramente dal punto di vista economico?
Le dimissioni di Monti verranno interpretate dai mercati come la fine del rigore. La preoccupazione è quella che la classe politica del nostro paese torni a governare come ha fatto fino ad oggi, ossia, senza curarsi troppo dei bilanci mettendo a rischio default il nostro paese.
Nella realtà dei fatti, però, che vinca Berlusconi o Bersani poco o nulla cambierà. Il rigore di Monti tanto sostenuto dai mercati finanziari e dai vertici europei non ha prodotto grandi risultati se non quello di dare un minimo di stabilità.
La disoccupazione continua a crescere (ora siamo oltre l’11%), i consumi continuano a scendere e le piccole e medie imprese che chiudono bottega sono in aumento. Insomma per quanto riguarda l’economia reale il governo tecnico non ha prodotto grandi risultati.
Ma, nonostante questo, Monti era una voce importante, stimata e apprezzata, dell’europa meridianale. Un leader importante dell’Europa che conta che ci ha permesso di riconquistare prestigio a livello internazionale dopo anni di brutte figure. E proprio per questo che i mercati ci puniranno ancora una volta utilizzando la perfida arma dei rendimenti dei titoli finanziari.
Insomma quello che ci aspetta sarà un inverno pieno di incognite con l’incubo di vedere i nostri titoli di stato ancora una volta sotto pressione con tutto quello che ne consegue per noi cittadini. Perchè più i rendimenti salgono più soldi servono allo stato per finanziarsi e, ovviamente, maggiori saranno le imposte che saremo costretti a pagare.
Ovviamente l’unica speranza di non “venir puniti” in ambito finanziario è quella che chiunque vinca le prossime elezioni dia vita ad un’azione di governo efficace che possa rilanciare l’economia aggiustando i conti pubblici e, al tempo stesso, rilancio consumi e occupazione. Ma visto come hanno agito fino ad oggi i nostri politici la speranza appare assai flebile.
Spread dove vai?
Se la situazione dovesse persistere è facilmente prevedibile che lo spread possa tornare velocemente sopra area 400 punti base con obiettivo 450 punti prima e 500 in un secondo momento. La rapidità della sua corsa dipenderà sopratutto dall’evolversi dell’attuale crisi politica e da quanto rapidamente si andrà alle elezioni.
Sotto il grafico che illustra l’andamento dello spread dell’ultimo anno.