L’enorme quantità di news che continuano a susseguirsi circa lo stato di salute dell’economia italiana ed Europea rischia di confondere le idee. Per questo è bene approfittare dell’inizio di settimana per fare il punto della situazione e cercare di ripartire con le idee un po più chiare. Ci siamo lasciati sabato con alle spalle una settimana impegnativa ma senza grosse novità dal punto di vista europeo. Il vertice che doveva offrire spunti operativi immediati si è concluso con tanti buoni propositi ma con un nulla di fatto perchè solo con le parole non ci si può mettere alle spalle una crisi di questa portata. E mentre i governi europei continuano a dibattere su eurobonds si eurobonds no, la condizione di salute della Spagna comincia a precipitare. Ed è proprio la Spagna il paese su cui occorre puntare maggiormente l’attenzione perchè potrebbe essere la mina vagante capace di far saltare l’euro.
La situazione in Spagna, infatti, è molto delicata per colpa di una disoccupazione alle stelle (quella giovanile è oltre il 50%), di un crollo del mercato immobiliare e, sopratutto, per colpa delle fortissime tensioni sulle banche. Dopo aver dovuto nazionalizzare parte di Bankia, il terzo gruppo bancario del paese, con una spesa di ben 19 miliardi di euro ora la paura è quella di una corsa agli sportelli che provocherebbe, inevitabilmente, il default anche degli altri istituti di credito del paese.
La corsa agli sportelli rappresenta il rischio più grande per una banca perchè la priva della liquidità necessaria per svolgere il proprio normalissimo lavoro provocando un effetto a catena devastante per l’intero sistema creditizio di un paese. Ma la paura più grande è che questo timore possa diffondersi rapidamente anche negli altri paesi, primo tra tutti l’Italia, con effetti devastanti su tutta l’eurozona mettendo a rischio anche la sopravvivenza dell’euro.
Per quanto riguarda il nostro paese, invece, continua a tenere banco il problema del credito alle imprese, un problema che sta spingendo al fallimento numerose attività imprenditoriali di piccole e medie dimensioni talvolta anche con risvolti tragici come testimoniano i numerosi suicidi della scorsa settimana.
Ma la vera novità a cui abbiamo assistito la scorsa settimana è il crescere del sentimento “antitedesco”. La germania, infatti, viene indicata come vero colpevole di questa crisi per via delle scelte imposte in termini di politica economica all’intera eurozona, scelte che avrebbero privilegiato la sola economia tedesca mettendo in ginocchio tutti gli altri paesi.
In effetti abbiamo avuto modo di dimostrarvi che l’unico paese che sta guadagnando in questo contesto di crisi è proprio la Germania. Basti pensare che le banche tedesche, pur essendo sottoposte agli stessi parametri dell’Eba, non applicano una stretta sul credito come stanno facendo quelle italiane distruggendo le imprese.
In Germania meno del 10% delle piccole imprese ha visto rifiutarsi una richiesta di credito mentre in Italia questa percentuale sale al 35%. Percentuale che resta imbarazzante anche se si considerano le micro-imprese, visto che in Italia ben il 42% non riesce ad accedere al credito contro il 19% di quelle tedesche.
La situazione è talmente grave che, stando ad uno studio della Confartigianato, soltanto nel lontanissimo 2025, l’occupazione in Italia potrebbe ritornare ai livelli del 2007. Ossia ci vorranno oltre 13 anni per riparare ai danni causati dalla crisi e dalle cattive scelte di politica economica degli ultimi 5 anni.
Ovviamente non bisogna dimenticarsi della Grecia che resta la vera incognita perchè una sua eventuale uscita dall’euro provocherebbe un effetto devastante sulla Spagna e sull’Italia con buone provabilità di dare vita alla fine dell’euro. Grecia che andrà alle elezioni a Giugno, elezioni con le quali si dovrebbe riuscire a dar vita ad un governo che dovrà decidere se andare avanti con le misure di austerity imposte dalla comunità internazionale come contropartita degli aiuti o rinunciare e tornare alla propria moneta nazionale.
Tuttavia anche i paesi più diffidenti si stanno convincendo che un’uscita della Grecia dall’euro sarebbe molto più costosa di un suo salvataggio. Basta dare uno sguardo al grafico qui sotto per capire di che cifre si parli.
Insomma mentre il resto d’Europa affonda la Germania continua a far crescere le proprie imprese e a rifinanziare il proprio debito a tassi di interesse ridicoli (basta ricordarsi l’asta dei titoli di stato a 10 anni della scorsa settimana dove il rendimento è sceso sotto l’1,50%). Da qui possiamo ripartire per raccontare un’altra settimana di crisi europea che vede esclusa, come sempre, la Germania.