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Quanto ci costa finanziare il debito

Ieri la Banca d’Italia ha comunicato che ad Aprile il debito pubblico ha raggiunto la quota record di 1.946,083 miliardi stracciando il massimo storico che era stato toccato a gennaio (“solo” 1.934,980 miliardi). Insomma il calo registrato a Marzo non era affatto un inversione di tendenza ma, semplicemente, un lieve assestamento prima di proseguire la corsa verso i 2000 miliardi di euro un limite che si sperava assolutamente di non raggiungere ma che al momento appare tremendamente vicino. A conti fatti, ad oggi, i 1946 miliardi in questione equivalgono ad un debito di 33.633 euro per ogni abitante del nostro paese. Non a caso l’Italia è uno dei paesi che può vantare, si fa per dire, uno dei più alti debiti pubblici del mondo specialmente se rapportato al pil. Insomma la cura del governo Monti sembra, fino ad ora, non aver avuto i benefici che ci erano stati promessi.

Eppure agli italiani sono stati chiesti sacrifici importanti: aumento delle aliquote fiscali, introduzione dell’Imu, riforma delle pensioni e chi più ne ha più ne metta. Perchè la cura Monti non sta funzionando? La risposta si può trovare facilmente sempre nei dati diffusi dalla Banca d’italia, ossia quelli relativi alle entrate tributarie che diminuiscono dello 0,5%.
Tutto ciò conferma la nostra tesi che una politica economica basata quasi solo ed esclusivamente sul rigore e sull’aumento della pressione fiscale non potrà mai portare il nostro paese fuori dalla crisi. Intanto lo spread torna sopra i 420 punti base e i rendimenti dei titoli di stato si confermano in aumento anche nelle aste di ieri.

Proprio a questo proposito è interessante analizzare questi 2 grafici realizzati dalla Banca d’Italia. Il primo mette in evidenza il rapporto tra i rimborsi dei titoli in scadenza e le nuove emissioni a partire dal 2006.

Il secondo grafico, invece, mostra i rendimenti dei titoli di Stato (BTP decennali, CCT, CTZ e BTP trentennali) messi a confronto.

Quello che meglio di tutti mette in evidenza gli effetti della crisi è proprio il secondo grafico che mostra quale flessione abbiano subito i nostri titoli di stato negli ultimi 12 mesi. Questo, ovviamente, si traduce in un maggior costo per il rifinanziamento del debito, ossia un aumento inevitabile del nostro debito pubblico e una sempre minore possibilità di intervenire adottando politiche di crescita.

Ovviamente il nostro paese continua a scontare le problematiche europee e, in particolar modo la probabile uscita dall’euro della Grecia. A questo proposito si è espresso molto chiaramente il premio nobel Krugman sul suo blog sul New York Times.

Secondo Krugman è molto probabile che la Grecia esca dall’euro entro il mese di Giugno e, se la germania non rivedrà la propria politica economica, ci sarà una crisi del settore creditizio in Italia e Spagna che porterà alla fine dell’euro nel giro di pochi mesi.

Di certo si tratta di una visione pessimistica della situazione ma, al momento, resta una delle più credibili in quanto non c’è nessun segno di ripresa a cui aggrapparsi a meno di un’inversione di tendenza dei tedeschi.

Inversione di tendenza che potrebbe essere alle porte, almeno stando a delle indiscrezioni riportate dal quotidiano tedesco spiegel secondo cui un alto funzionario della Bundesbank avrebbe dichiarato che la Germania può essere disposta a tollerare un’inflazione leggermente superiore, ossia un moderato allentamento dell’austerity che sta strangolando i paesi della zona euro.

Ovviamente si tratta solo di indiscrezioni e, proprio per questo, vanno prese come tali. Non resta che aspettare una notizia ufficiale dal fronte tedesco (senza sottovalutare la situazione della Grecia) sperando che non sia troppo tardi.

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