I risultati delle elezioni greche si sono dimostrati, per il momento, estremamente fallimentari. I partiti faticano a trovare un accordo che porti alla formazione di un governo stabile che possa approvare le misure di austerity imposte dalla comunità internazionale come contropartita degli aiuti finanziari senza i quali Atene non avrà nemmeno i soldi per pagare stipendi e pensioni. Le “Inconcludenti elezioni“, come sono state ribattezzate dal Wall Street Journal, sono state viste da molti come un possibile inizio della fine che porterà la Grecia fuori dalla moneta comune. Insomma l’uscita della Grecia dall’euro, che fino a pochi mesi fa veniva data per impossibile, appare oggi come una delle soluzioni più probabili anche se le sue conseguenze potrebbero essere drammatiche.
Citigroup da per certa l’uscita dall’euro della Grecia entro e non oltre 18 mesi mentre altre banche d’affari, pur non pronunciandosi sulla tempistica, danno l’uscita dall’euro come soluzione probabile al 70-80%. L’eurozona si trova nel pieno della peggiore crisi della sua storia con paesi come la Spagna, l’Italia e la Francia che, per motivi diversi, rischiano un tracollo delle proprie economie nazionali.
A fronte di queste nuove tensioni politiche, e dell’incapacità di Atene di dar vita ad un governo stabile, l’FMI potrebbe essere spinto a bloccare l’erogazione di nuovi prestiti al paese con le conseguenze che tutti conosciamo. A rischio, nel breve, ci sono gli stipendi dei dipendenti pubblici e le pensioni, insomma la sopravvivenza del paese stesso.
Non a caso proprio ieri l’euro è sceso bruscamente sotto l’1,30 (sul cambio con il dollaro, ovviamente) confermando una forte debolezza. Proprio questa debolezza è al centro delle attenzioni degli analisti perchè potrebbe dar vita ad un altro pericolosissimo rischio.
Qualora dovesse verificarsi un’uscita della Grecia dall’euro verrebbero meno le garanzie di sopravvivenza della moneta unica. Le aziende internazionali potrebbe essere spinte a guardare altrove per i propri affari per la paura che i contratti sottoscritti in euro poi vengano pagati in altre valute. Insomma la paura del fallimento della moneta unica potrebbe spingere non solo i capitali ma anche le aziende e la forza lavoro ad andare altrove con conseguenze gravissime per le economie dell’eurozona.
Secondo knight, analista di Ubs “per gli investitori è una cosa naturale quella di iniziare a guardare agli altri paesi” in quanto la debolezza della domanda di titoli di Stato italiani e spagnoli, che gli investitori stranieri hanno venduto tutto l’anno, “potrebbe degenerare molto, molto velocemente“. C’è poi da sottolineare il rischio dei depositi bancari in Portogallo e Spagna con quest’ultima già impegnata a progettare il piano di salvataggio di Bankia, il terzo istituto di credito del paese.
Ma, forse, non c’è nulla di più eloquente dell’indice della borsa di Atene per far capire quanto sia grave la situazione nel paese: il grafico qui sotto non necessita di ulteriori commenti.