Anche se qui ad economyonline non teniamo particolarmente in considerazione i giudizi delle società di rating l’ennesimo declassamento del debito spagnolo da parte di Standard & Poor’s è una notizia che merita uno spunto di riflessione. Per prima cosa il fatto. S&P ha declassato il rating del debito sovrano della Spagna a BBB+ (sceso di 2 gradini) con outlook negativo. Ma non è tanto nel rating in se per se che si deve focalizzare l’attenzione quanto alla sua motivazione: il rischio di sostenibilità per il sistema bancario. Questa semplice frase nasconde qualcosa di inquietante, ossia il rischio che le banche abbiano, nel breve periodo, bisogno di un sostegno da parte dello stato iberico. Questo, ovviamente, rischia di penalizzare ulteriormente la Spagna, già in sofferenza per via della situazione economica interna ai propri confini nazionali, ma anche i paesi ad essa collegata come l’Italia, la Francia e perfino la Germania.
Il downgrade di S&P avrà l’effetto di rendere più costoso il rifinanziamento del debito del paese visto che già dalle prime ore della mattinata lo spread ha ripreso a correre tornando sopra i 430 punti base in rialzo di quasi il 5%. Ma come era inevitabile che fosse torna a crescere anche lo spread degli altri paesi dell’eurozona con quello italiano che supera i 411 punti base.
Inoltre, l’agenzia di rating, ha preso atto del “rischio crescente” di un paese dove l’economia continuerà a contrarsi del 1,5 per cento quest’anno e dello 0,5 per cento nel 2013 con la probabilità che il governo debba fornire un ulteriore aiuto al settore bancario.
Standard & Poor’s ha elogiato il lavoro del governo e, in particolare la riforma del mercato del lavoro anche se è stato sottolineato che le misure non creeranno nuovi posti di lavoro nel breve termine. Questo vuol dire che la riforma introdotta dal governo spagnolo è riuscita a bloccare l’emorraggia di posti di lavoro ma non riuscirà a far rientrare la disoccupazione su livelli più sostenibili.
Ma nella relazione della società di rating si è accennato anche alla bolla immobiliare con le quotazioni degli immobili che, dopo quasi un decennio di crescita, sono in netto calo dal 2010 ad oggi.
Insomma le tensioni nel vecchio continente continuano ad essere alimentate dalla scarsa competitività delle economie locali e dalle misure di eccessiva austerity, volute in primis dalla Germania, che rendono impossibile qualsiasi tentativo di avviare una fase di crescita.
Tuttavia qualche segnale di “cambio di rotta” potrebbe arrivare da Francia e Olanda, 2 paesi che fino ad oggi avevano appoggiato la linea di rigore della Merkel, linea che le elezioni nei rispettivi paesi costringeranno a rivedere.