Dopo aver attraversato un periodo estremamente complicato – determinato fondamentalmente dal disastro ambientale della piattaforma Deepwater Horizon, che riversò tonnellate di greggio nelle acque del Golfo del Messico, e causò la morte di 11 dipendenti – i conti di British Petroleum tornano finalmente in utile, per la gioia dei suoi azionisti. Complice il rialzo del prezzo del petrolio e la vendita di qualche asset non ottimizzante, infatti, il bilancio 2011 della società si è chiuso con ricavi pari a 96,34 miliardi di dollari, contro gli 84 miliardi di dollari dell’anno precedente.
A costituire maggior interesse è tuttavia l’ultima riga del conto economico, quella che indica l’utile netto: nel corso del 2011, gli utili sono ammontati a circa 23,9 miliardi di dollari, in fortissima controtendenza rispetto alla perdita netta di 4,9 miliardi di dollari rilevata nell’esercizio precedente.
“E’ la strada giusta” – ha dichiarato l’amministratore delegato bob Dudley, che di questi tempi, poco tempo fa, stava rimborsando 7,8 miliardi di dollari in spese e oneri per riparare parzialmente al disastro ambientale, e 15,1 miliardi di dollari per il fondo da utilizzare per le vittime della marea nera.
Nel solo quarto trimestre dello scorso anno, i profitti si sono invece assestati intorno alla quota di 7,7 miliardi di dollari, contro i 5,6 miliardi di dollari dello stesso periodo dell’anno precedente.
Gli utili giungono invece a quota 5 miliardi, superando le attese degli analisti, che non stimavano utili superiore ai 4,9 miliardi di dollari. Il dividendo trimestrale – per la gioia degli azionisti – è infine cresciuto del 14% a 8 centesimi per azione. Insomma un ottimo risultato che arriva dopo un 2010 disastroso, dove la compagnia ha dovuto spendere oltre 20 miliardi di dollari per risarcire i danni del disastro del Golfo del Messico.
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