Shell, uno dei leader internazionali nel comparto petrolifero, afferma di aver chiuso l’esercizio 2011 con utili superiori a 28 miliardi di dollari. Un livello di redditività davvero straordinario, che fa il passo con le critiche (altrettanto straordinarie) che sta suscitando la decisione di rivedere i propri piani per il pensionamento dei dipendenti. La società britannica ha infatti conseguito un aumento dei profitti netti di 54 punti percentuali nel corso del 2011, per un volume – sottolinea il quotidiano Repubblica.it – pari a 2 milioni di dollari l’ora.
Nelle tasche degli azionisti finiscono così 10 miliardi e mezzo di dollari e – soprattutto – l’auspicio di una ritoccata in rialzo del dividendo da pagare ogni annuo.
Guardando al futuro a breve termine, l’amministratore delegato Peter Voser ha ricordato come “vi saranno profitti ancora più ampi”, evidenziando così l’esistenza di margini significativi di crescita, anche in questo settore.
“Abbiamo lavorato duramente per generare una serie di nuove opportunità di investimenti per la Shell” – ha proseguito il manager – “e tutto questo è sostenuto da una politica dell’efficienza che si avvantaggia dai nostri continui programmi per migliorare il rendimento”.
A proposito di migliorare il rendimento, ai sindacati britannici non sembra esser piaciuta la decisione di rivedere (ovviamente, al rialzo) i piani per pensionare i propri dipendenti, riducendo l’organico. Una scelta che apparentemente contrasta con l’incremento della redditività, e che l’azienda si prepara a difendere strenuamente.
“Questa compagnia sta chiudendo in modo insensato il suo piano finale di pensionamenti proprio mentre raggiunge profitti colossali” – afferma McCluskey, numero 1 del sindacato – “Anzichè offrire garanzie di sicurezza per il futuro al suo staff, e continuare a fare profitti, ha scelto la strada dell’avidità senza limiti”.
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