Presidenti dei consigli di amministrazione, amministratori delegati, direttori generali delle banche. Soggetti che hanno in comune uno stipendio particolarmente importante e che, qualche giorno fa, hanno avuto in comune anche la ricezione di una lettera firmata dal numero 1 dell’Associazione Bancaria Italiana, Giuseppe Mussari. Sul contenuto della lettera, grazie alla ripubblicazione avvenuta da parte di alcuni media italiani, non vi sono più dubbi.
Il presidente dell’Abi ha fatto appello alla moralità e all’etica dei top manager bancari al fine di evitare l’attribuzione di stipendi ancor più generosi del passato, visto e considerato che i tempi non sono quelli più adatti per una elargizione più o meno discriminata. In sintesi: i banchieri sono caldamente invitati, per i prossimi tre anni, a non ritoccare verso l’alto il proprio stipendio.
La lettera di Mussari è stata accolta con grande soddisfazione dai principali rappresentanti degli interessi dei lavoratori del settore, che in un commento in nota di stampa, siglato congiuntamente da Fabi, Fiba-Cisl, Fisac-Cgil, Uilca, Dircredito, Sinfub, Ugl Credito, hanno affermato di aver apprezzato “l’ispirazione e il contenuto della lettera, che va ben oltre le pur rilevanti e condivisibili elaborazioni e proposte del Financial Stability Board e della Banca d’Italia.
Si tratta di un atto politico e straordinario, di profonda e nitida discontinuità, che si appella alla personale responsabilità etica di ognuno e che auspicano contribuisca a consegnare, definitivamente, al passato la stagione della crescita esponenziale dei differenziali retributivi tra top management e restante personale”.
Il vero problema è che, non potendo ancora fissare un tetto agli stipendi, il presidente Mussari non ha potuto far altro che “invitare” i banchieri a perseguire un simile comportamento. Bisognerà ora comprendere in che modo gli istituti di credito sceglieranno di abbracciare tale approccio.
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