L’Eni vuole 2 miliardi di dollari per le attività commerciali del primo decennio dell’anno nei confronti della compagnia petrolifera iraniana Nioc, ma il partner non ritiene doveroso procedere al pagamento dovuto. Questa sembrava essere, in estrema sintesi, l’evoluzione di una vicenda che rischia di complicare ulteriormente i rapporti tra la compagnia italiana e quella iraniana, mettendo a rischio il credito vantato. Tuttavia nelle ultime 36 ore si sono visti i primi segnali di apertura al dialogo che potrebbero rimettere le cose a posto.
Tuttavia vediamo di ripercorrere la vicende per gradi. Con un comunicato del direttore per gli affari internazionali, Mohsen Qamsari, l’azienda iraniana ha spiegato che l’Eni “non ha alcuna rivendicazione finanziaria specifica nei confronti della Nioc”. La dichiarazione non ha ad ogni modo sorpreso i vertici Eni, visto e considerato che, in maniera pubblica, l’ad Paolo Scaroni aveva espresso grande preoccupazione circa la possibilità di riuscire a conseguire il credito iraniano. Un credito che Eni vorrebbe riscuotere in natura, sotto forma di forniture di greggio, e che potrebbe presto passare in uno stato di inesigibilità acclarata.
A rendere ancora più complesse le relazioni tra le due parti è anche il fatto che la presa di posizione di Teheran sia arrivata alla vigilia delle nuove sanzioni, con l’Unione Europea finora titubante, ma che potrebbe assumere – anche in seguito a quanto accaduto all’Eni – una posizione ben più rigida nei confronti dell’Iran.
Lo stesso premier Mario Monti, in tempi meno sospetti, aveva ammesso la possibilità di valutare, come estrema conseguenza, anche l’embargo petrolifero. Un provvedimento che l’Italia vorrebbe applicato in maniera graduale, e ad esclusione le consegne a rimborso dei debiti che l’Iran ha appunto contratto con l’Eni.
Successivamente, però, lo stesso presidente di Nioc ha ritrattato parzialmente le sue affermazioni. L’amministratore delegato di Eni, Paolo Scaroni, ha fatto chiarezza sulla vicenda durante un’intervista a Quotidiano energia: «L’Eni non ha alcun credito finanziario nei confronti dell’Iran, come ha giustamente sottolineato nei giorni scorsi il direttore dell’ufficio Affari Internazionali della National Iranian Oil Corporation, Mohsen Ghamsari, bensì il diritto a ritirare una quota di petrolio legato ai contratti di buy-back siglati tra il 2001 e il 2002 per lo sviluppo dei giacimenti South Pars e Darquain. A questo ritmo l’intero credito potrà essere estinto entro il 2014».
Continueremo a informarvi sugli sviluppi di questa complessa vicenda.