In un periodo di crisi in cui vengono chiesti pesantissimi sacrifici ai cittadini attraverso un aumento di tasse epocale (basti pensare all’aumento dei carburanti di 2 mesi fa del 10% circa a cui ne seguirà un’altro tra pochi giorni, l’introduzione dell’imu sulla prima casa, ecc.) è lecito ripensare alle priorità del paese scartando i progetti come il Ponte sullo stretto di Messina, che costano molto e la cui utilità e in forse. Invece il discorso torna più in voga che mai in quanto si è in attesa della decisione del Cipe che, se non rigetterà il progetto finale, ci costringerà a pagare una penale pesantissima se il ponte non si farà. Insomma la situazione per le casse dello stato è più pesante che mai: se il ponte sullo stretto si farà dovremo sopportare il costo altissimo della sua realizzazione, se non si farà dovremmo pagare le penali altissime accordate dal governo Berlusconi alle società individuate per la realizzazione dell’opera.
Insomma una strada che sembra essere senza uscita e che scatena un putiferio tra i detrattori dell’opera che chiedono al governo Monti di trovare una soluzione dopo i tanti sacrifici chiesti agli italiani. D’altronde il costo del ponte sullo stretto è stimato intorno agli 8,5 miliardi di euro, un costo altissimo che renderebbe inutile i sacrifici chiesti agli italiani in fatto di pensioni.
Il tutto per realizzare un’opera di dubbia utilità che neppure l’Europa ritiene essere una priorità allo stato attuale. Ma allora perchè si continua a parlare del ponte?
Come dicevamo tutto è in bilico in questi giorni per via della decisione del Cipe, che dovrà arrivare da qui a pochi giorni, che se non rigetterà il progetto costringerà lo stato, cioè tutti noi, a pagare penali di circa 400 milioni di euro in caso di annullamento della realizzazione dell’opera.
Ma il vero scandalo è che il progetto del Ponte, che è in piedi dal 2002, ci è costato già diverse centinaia di milioni di euro senza che sia posata nemmeno una pietra. La società che gestisce il progetto, Stretto di Messina Spa, costa alle casse pubbliche decine di milioni di euro all’anno solo di stipendi dei tantissimi dipendenti.
Per non parlare delle spese accessorie come quelle relative alla propaganda e alla pubblicità che in alcuni anni sono arrivate alla cifra record di 1,5 milioni di euro, come riportato anche da ilfattoquotidiano.it. Siamo di fronte all’ennesimo scandalo italiano?
Quello che è certo è che il governo Monti dovrà affrontare la questione in tempi molto brevi e con la massima serietà. Un governo che chiede sacrifici agli italiani toccando pensioni, soldi e case non potrà permettere che si sprechino altri soldi per un progetto non prioritario per il paese. Perchè se lo farà risulterà ancora meno credibile di quanto non sia ora.