La crisi è talmente che forte che anche a Bruxelles hanno deciso di dare un forte segnale studiando una riforma che consentirà di risparmiare ben 1 miliardo di euro entro il 2020. Una misura fatta di tagli al personale, tagli agli stipendi e alle pensioni oltre all’aumento dell’orario di lavoro. Questa riforma di austerity proposta dal vicepresidente Sefcovic Maros darebbe un segnale forte anche alla popolazione dei vari paesi membri a cui vengono chiesti, da mesi, sforzi enormi per permettere all’Europa e all’euro di continuare ad esistere.
Ora c’è da sperare che la proposta di Sefcovic venga approvata il prima possibile per dare vita, fin da subito, all’ottimizzazione dei costi della Commissione UE che, ovviamente, gravano sulle spalle di tutti noi cittadini degli stati membri.
Come dicevamo la proposta prevede un’innalzamento dell’età pensionabile portandola dagli attuali 63 anni a 65 o 67 (con severe norme di penalizzazione per i prepensionamenti), un aumento delle ore lavorative pari, circa, al 10%, il taglio degli stipendi del personale amministrativo del 18% e un taglio del personale in esubero che dovrebbe essere di circa il 5%. Aumenta anche di mezzo punto percentuale il contributo di solidarietà che passa dal 5,5% al 6.
Queste misure di rigore serviranno, secondo i calcoli di Maros Sefcovic, a risparmiare circa 1 miliardo di euro nei prossimi 8 anni. Un risparmio significativo che avrà anche lo scopo di far capire ai cittadini che la UE non impone l’austerità solo ai conti degli stati membri ma, anche, a se stessa.
Questa misura appare quanto mai fondamentale in un momento come quello che stiamo attraversando perchè molte persone associano i sacrifici chiesti dai governi nazionali come qualcosa di imposto dalla Unione Europea contribuendo a far tornare in auge quel sentimento anti europeista che non si è mai assopito del tutto.
Tuttavia ci sarebbe piaciuto, anche, poter leggere una proposta in cui vengano rivisti gli stipendi, i rimborsi e i vantaggi dei parlamentari europei i cui interessi non vengono minimamente intaccati. Tuttavia fino a quando saranno gli stessi parlamentari a dover decidere delle proprie condizioni salariali nulla si muoverà mai in quella direzione.