Poco fa vi abbiamo evidenziato del declassamento dei titoli di debito sovrano portoghesi di Fitch a “junk”, spazzatura. Un destino che nelle ultime ore è spettato anche all’Ungheria, visto e considerato che un’altra delle tre principali società di rating del mondo, Moody’s, ha scelto di tagliare ulteriormente il proprio giudizio sui debiti pubblici ungheresi, portando il livello a “Ba1”.
La decisione di Moody’s, si legge in una nota diramata poco fa, è figlia delle prospettive negative dell’economia di Budapest: in altri termini, la produzione interna lorda ungherese verrà contraddistinta per limitati margini di crescita, con aumento dell’incertezza sul possibile consolidamento del bialncio e medio termine, e sulla riduzione del debito pubblico.
Moody’s va così ad inserirsi sull’ampia strada già tracciata da Standard & Poor’s, che aveva messo il rating di Budapest sotto osservazione, confermando il BBB-, e ponendo il Paese nell’anticamera di una possibile riduzione ulteriore del rating. Fitch, poco prima, aveva invece abbassato l’outlook da stabile a negativo, confermando in tal senso quanto siano pessimistiche le previsioni sull’evoluzione dell’economia locale.
Il nodo fondamentale dei problemi magiari sembra essere la crescita del debito pubblico, passato dal secondo al terzo trimestre del 2011 dal 75% all’82% del prodotto interno lordo.
Un incremento che secondo le principali società di analisi dovrebbe proseguire anche nel corso dei prossimi trimestri, ponendo in tal modo sotto fortissima pressione la stabilità delle finanze pubbliche locali. Non si esclude pertanto un peggioramento delle condizioni del Paese, che viene indicato da più parti come un potenziale seguace del destino già intrapreso dalla Grecia.
Per approfondire:
- i declassamenti di Moody’s: Moody’s ha rivalutato negativamente il debito di diversi paesi europei e delle rispettive banche;
- downgrade di Unicredit: la più grande banca italiana e le conseguenze sul taglio di rating;
- rating del debito italiano: perchè e quali conseguenze ha avuto il taglio di rating all’Italia;