Negli ultimi giorni si sono profilate alcune nuove riforme che il governo Monti potrebbe lanciare nella larga pentola delle iniziative strutturali richieste dall’Europa per poter ristabilire la serenità sui mercati finanziari. Iniziative che si preannunciano ben poco gradevoli (per riprendere le parole dello stesso neo-premier), ma che potrebbero rendersi impellenti già nella prossima settimana.
Una di queste riforme riguarderà principalmente il mondo del lavoro. Il nuovo ministro del Welfare, Elsa Fornero, ha indirettamente fatto comprendere che potrebbe riprendere la proposta del senatore Ichino (PD), peraltro già gradita all’ex membro dell’esecutivo, Maurizio Sacconi (PDL), che prevede l’abolizione delle varie tipologie contrattuali attualmente in essere, e l’introduzione di un nuovo contratto a tempo indeterminato, che riguarderebbe le sole nuove assunzioni.
Se da una parte il riscontro che è possibile conferire alla novità è sicuramente positivo, poiché riduce l’incertezza della precarietà diffusa, è altrettanto vero che il nuovo modello contrattuale prevede altresì la possibilità di poter licenziare piuttosto liberamente, una volta accertata la difficoltà economica della società datore di lavoro.
Difficile esprimere un parere positivo o negativo in tal merito. Il nodo cruciale è infatti relativo proprio al periodo post-licenziamento. In altri termini, ci si deve domandare a quali indennizzi e a quali piani di reinserimento nel mondo del lavoro andrà incontro colui che è stato licenziato.
L’indennizzo dovrà essere piuttosto corposo, prevalentemente realizzato attraverso un sussidio nel breve periodo, accompagnato con programmi di reinserimento – anche formativo – nel panorama delle occupazioni.
Il rischio è che tutto si tramuti in una uscita definitiva dal mondo professionale. E tale rischio è quanto percepito da alcune parti sindacali e politiche, che si sono già dette fermamente contrarie all’ipotesi suddetta.
Per approfondire:
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