Le banche italiane sono tra le meno solide e le meno capitalizzate d’Europa. A dirlo non siamo noi, ma l’Eba, che ha così etichettato gli istituti di credito tricolori come le ultime ruote di un carro creditizio complesso e malfunzionante, e rischia di trascinare il vecchio Continente in una serie di criticità ben più gravi di quelle da tempo riscontrate.
La sentenza dell’Eba non sembra tuttavia essere piaciuta alle banche del Bel Paese, che predispongono attraverso l’Abi una lettera di protesta contro l’Autorità europea, affermando che i metodi di calcolo della solidità patrimoniale non sono efficienti, e sono stati sostanzialmente adottati per favorire le banche francesi e quelle tedesche.
Proprio nei confronti degli istituti di credito di Parigi e di Berlino il raffronto appare impietoso. Secondo i calcoli dell’Eba, infatti, le banche italiane avrebbero bisogno di una ulteriore iniezione patrimoniale per quasi 15 miliardi di euro, il doppio di quanto richiesto alle aziende transalpine, e addirittura il triplo di quanto richiesto ai tedeschi.
L’Abi ha quindi due settimane di tempo per proporre una lettera formale con la quale contestare i metodi utilizzati, e dimostrare che gli istituti di credito italiani sono ben più solidi di quanto appare dall’analisi dell’istituzione internazionale. Difficile, ad ogni modo, che possa riuscirci: in un clima di forte incertezza e contestazione sulla posizione italiana, risulta essere particolarmente arduo il mantenimento di una posizione di forza e di affermazione continentale.