Il presidente della Commissione Europea Josè Manuel Barroso ha rilanciato l’ipotesi di una introduzione degli eurobond. Un rilancio che appare produttivo di due conseguenze: la prima, è che gli eurobond potrebbero essere introdotti anche a costo di scavalcare le opposizioni della Germania; la seconda, è che le stesse obbligazioni dell’eurozona non vedranno la luce prima di qualche anno. Come abbiamo detto più e più volte, infatti, gli Eurobond sono un argomento che suscitano opinioni estremamente contrastate in ambito europeo e, per questo, la loro applicazione potrebbe richiedere ancora moltissimo tempo (sempre che le pressioni della germania non facciano desistere sull’argomento).
Sul perché delle considerazioni di cui sopra, ci sono invero ben pochi dubbi. Partiamo dall’ultima: il presidente della Commissione è stato piuttosto chiaro in merito, ricordando come l’eurozona abbia “un’unione monetaria, ma non abbia ancora gli strumenti di una piena unione dei bilanci pubblici”.
Insomma, in altri termini , “ci vorrà del tempo per arrivare a un’integrazione delle politiche fiscali”. Su quanto tempo ci voglia, nessuno sembra avere le idee poco chiare, ma sembra abbastanza scontato che l’integrazione di cui sopra non possa essere raggiunta prima di due anni. Pertanto, gli eurobond difficilmente verranno emessi prima del 2014 o del 2015.
Sul punto più spinoso, relativo alla contrapposizione interna tra un blocco di Stati membri favorevoli all’introduzione degli eurobond, e gli oppositori francesi e tedeschi dall’altra, lo scoglio sembra più arduo da superare. Barroso ha lasciato intendere – pur senza dirlo troppo apertamente – che la proposta degli eurobond potrà essere condotta in maniera forzosa anche se Germania e Francia resteranno contrari, in virtù della loro posizione privilegiata.
Ad ogni modo, l’unico punto di condivisione Barroso lo ha ribadito in chiusura di commenti: “Gli eurobond non sono la panacea di tutti i mali” – ha dichiarato il Presidente – “ma sono una parte della soluzione”.
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