La rinegoziazione dei mutui a tasso di interesse variabile non è certamente una novità per il sistema bancario italiano: anzi, spesso e volentieri, chi ha perso la simpatia per il mutuo a tasso variabile, si rivolge al proprio istituto di credito, o in altre banche, per cercare di rinegoziare le condizioni tecniche e contrattuali del finanziamento, come – appunto – la forma tecnica di tasso applicata, o la scadenza residua del programma di rimborso.
Il Decreto Sviluppo apporta tuttavia un’importante novità in merito, rappresentata dalla possibilità di avere accesso a una sorta di diritti alla rinegoziazione, che pertanto le banche italiane dovranno cercare di agevolare, al fine di aiutare le famiglie a pagare le rate del mutuo in maniera più agevole, sollevandole dal “brivido” di dover monitorare con attenzione quale sarà l’andamento dell’Euribor di periodo o del tasso BCE.
Ma quali sono i mutui interessati da questa novità? Innanzitutto, occorre precisare che rientrano nel novero dell’iniziativa solamente i mutui non superiori a 20 mila euro, con tasso di interesse e rata variabili (non sono pertanto compresi i c.d. mutui a tasso di interesse variabile e rata costante, o i tassi di interesse misti). Il richiedente non dove inoltre far parte di un nucleo familiare con un reddito Isee superiore ai 35 mila euro.
Se avete i requisiti di cui sopra, potete andare nella vostra banca di fiducia e chiedere l’accesso alla rinegoziazione. Il nuovo tasso fisso non potrà essere superiore al minore tra l’Irs in euro a 10 anni e l’Irs in euro di durata pari alla durata residua del mutuo. Un metodo di calcolo non immediato per i comuni mortali, cui va oltre tutto sommato lo spread. A grandi linee, quanto sopra equivale, ad oggi, a ottenere una rinegoziazione a un tasso fisso che non dovrebbe discostarsi troppo tra il 4 e il 4,5%.