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Quattro giovani su dieci vivono in famiglia

Italiani popolo di bamboccioni, disse qualche tempo fa un Ministro di cui evitiamo di fare il nome.

Un triste scenario, che però è tutt’altro che attribuibile a un atteggiamento remissivo da parte dei giovani della Penisola, quanto a un andamento economico complessivo piuttosto deprimente, e a condizioni del mercato del lavoro molto deteriorate, delle quali non si riesce ancora a vedere un significativo miglioramento che possa alimentare le speranze degli under 30.

Secondo quanto sostiene il direttore generale della Banca d’Italia, Fabrizio Saccomanni, ad esempio, nel 2009 poco meno di 40 trentenni su 100 vivevano ancora con i propri genitori, con una proporzione che è davvero sorprendente, se si pensa che negli inizi degli anni Ottanta le persone che avevano compiuto 30 anni tra le mura familiari erano pari a 16 su 100.

Saccomanni ha avuto modo di soffermarsi anche sulle principali cause che hanno condotto a un simile scenario, ricordando come una causa fondamentale sia riconducibile alle difficoltà di ingresso nel mercato del lavoro, con instabilità crescente delle condizioni di impiego, principalmente nella parte iniziale della carriera, dove forme contrattuali e retributive sfavorevoli sembrano farla da padrone.

A ciò si aggiunga che complessivamente le retribuzioni continuano a deteriorarsi, con enorme fatica nel mantenimento del poter d’acquisto, e che si prolungano invece le attività formative (universitarie e post universitarie) che rimandano nel tempo l’accesso del giovane al mercato delle occupazioni dipendenti e autonome.

Il direttore generale di Banca d’Italia, in proposito, ha affermato come, in termini reali, i salari dei giovani siano oggi più bassi di quelli degli anni Ottanta, con remunerazioni di ingresso sul mercato del lavoro che sono ferme da oltre un decennio, e con scarse possibilità di miglioramento retributivo nel corso di carriere che sono sempre più difficili e penalizzanti.

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