- Se la Grecia esce dall’euro: quali possibili scenari?
- Grecia fuori dall’euro: le conseguenze per l’Italia
La crisi economico-finanziaria che sta coinvolgendo la Grecia già da un po’ di tempo a questa parte sembra non accennare a diminuirsi: nonostante l’intervento della Troika e il cambio di passo con le recenti elezioni che hanno consegnato il governo del Paese ad Alexis Tsipras, la Grecia è ancora una volta finita nell’occhio del ciclone per via della sua forte instabilità. Ma cosa sta accadendo di preciso e quali scenari potrebbero aprirsi per gli altri Paesi qualora la Grecia dovesse decidere di abbandonare l’Europa e la moneta unica?
Il destino del Paese rimane tuttora appeso a un filo, tant’è che lo stesso presidente della Bce, Mario Draghi, nel corso della sua audizione tenutasi dinanzi all’Europarlamento non ha potuto fare a meno di notare come l’Europa stia prendendo in considerazione l’ipotesi che la Grecia esca dall’euro. Il dogma della moneta unica viene infatti messo in discussione ormai da diverso tempo, e se fino a poche settimane fa l’ipotesi di una Grexit (ovvero dell’uscita del paese ellenico dalla moneta unica) sembrava aprire a scenari catastrofici, ora l’Europa si è messa al lavoro per attenuare quanto più gli effetti di un eventuale mossa di questo genere.
Se la Grecia esce dall’euro: quali possibili scenari?
L’obiettivo, si sa, è che si riesca a raggiungere un punto di accordo per far sì che la Grecia rimanga nell’euro, ma se ciò non dovesse accadere quali conseguenze ne verrebbero fuori? Come prima cosa, in caso di default le persone sarebbero spronate a correre verso gli sportelli bancomat e a ritirare tutto il ritirabile, mentre non è affatto escluso che contestualmente non possa avvenire il blocco dei conti correnti e del movimento dei capitali proprio per scongiurare ulteriori perdite di denaro da parte degli istituti di credito.
Dopodichè tutto il patrimonio economico-finanziario posseduto dai vari operatori grechi verrebbe immediatamente convertito dall’euro alla dracma: depositi, crediti, stipendi statali, pensioni, contanti e via dicendo assumerebbero le forme della moneta che precedette l’euro; tuttavia la conversione alla dracma aprirebbe le porte ad una pesante svalutazione attualmente stimata tra il 40 e il 70%. La svalutazione data dal cambio di moneta agevolerebbe il profilo dell’export (agli altri paesi converrà acquistare materie prime dalla Grecia in forza di una moneta che, al cambio, finirebbe col valere davvero poco); di contro però, la svalutazione è un elemento che in economia viene scongiurato proprio per evitare l’aumento dei conti dell’import, perchè acquistare beni e servizi dall’estero con una moneta che ha un valore internazionale davvero ininfluente equivale ad una spesa incredibilmente alta (insostenibile, senza usare mezzi termini).
E poi c’è l’inflazione: la tassa più subdola di tutte potrebbe schizzare in alto anche nella misura del 20% facendo crollare il potere di acquisto delle famiglie scatenando, di fatto, una spirale a dir poco catastrofica. Il crollo degli acquisti indurrebbe imprese e attività commerciali alla chiusura, farebbe aumentare la disoccupazione e di conseguenza la spesa pubblica necessaria per dargli un reddito, a quei disoccupati. E se per far fronte a tutto ciò il governo di Atene volesse ricorrere ai prestiti internazionali? I tassi per lui sarebbero non alti, non altissimi, ma quasi da usura: fare cassa ricorrendo ai prestiti d’oltre confine sarebbe un’ipotesi da evitare come la peste; e allora quale altro modo avrebbe il governo di sostenere la sua spesa pubblica se non tramite un vertiginoso aumento delle tasse?
Per finire, le banche. Perchè gli istituti ellenici, non avendo accesso alla Bce, sarebbero sotto l’attacco di una svalutazione degli attivi con conseguente crisi endemica del settore. L’ultima isola di salvataggio per sanare il sanabile sarebbe la nazionalizzazione delle banche ed uno scenario che nel complesso risulterebbe a dir poco da incubo.
Grecia fuori dall’euro: le conseguenze per l’Italia
Ma l’eventuale uscita della Grecia dall’euro indurrebbe a scenari poco rassicuranti anche per chi greco non lo è: sono 59.2 i miliardi di euro prestati direttamente alla Grecia dagli altri paesi dell’area euro, sono 141.8 i miliardi prestati sempre dagli altri paesi tramite il Fondo salva Stati, e sono 21.1 i miliardi che il Fmi ha devoluto alle casse del paese ellenico; e poi ancora 27 i miliardi coi quali la Bce si è esposta verso il rischio Grecia e oltre 100 miliardi quelli dati al sistema bancario ellenico.
Inoltre Goldman Sachs prevede che lo spread italiano potrebbe tornare a segnar quota 400 punti base (siamo sul 4% di differenziale) rispetto ai 130 punti di oggi. In questo scenario il nostro governo si vedrebbe costretto a pagare una miriade di interessi in più per finanziare il proprio debito pubblico, tornando a dover sborsare almeno 4-6 miliardi di euro l’anno in più. Oltre a ciò v’è da dire che l’Italia è esposta anche direttamente al rischio Grecia: il Belpaese, da un’uscita di Atene dall’euro, potrebbe veder traballare ben 60 miliardi di euro. I prestiti bilaterali concessi nel 2010 da parte dell’Italia ammontano a 10 miliardi, a cui vanno aggiunti altri 27 miliardi erogati al Fondo salva Stati.
Dopodiché c’è l’esposizione che l’Italia ha tramite il Target 2, il sistema di pagamenti transfrontalieri dell’Eurozona che come di consueto si muovono tra le banche centrali di ciascun paese: in questo caso la banca nazionale greca risulta avere un debito enorme verso gli stati membri, ed in particolar modo di 20 miliardi per quel che riguarda l’Italia. E poi, tanto per concludere in bellezza, mettiamoci i 4.8 miliardi di euro di debito ellenico a cui l’Italia ha deciso di esporsi tramite la Bce.
Insomma, da tutto ciò si evince che un’eventuale uscita della Grecia dall’euro sarebbe un gran bel botto sia per lei, ma neanche una passeggiata di grande spensieratezza per gli altri paesi europei. Come dicevamo all’inizio però, l’Europa sembra sia al lavoro su un piano che sappia ammortizzare il più possibile questi scenari di semi-catastrofe. Ma l’ottimismo, ora come ora, è tale solo di facciata.